di Jean Georges Almendras
In qualche modo questa scia criminale dovrà essere fermata. E non solo con gli articoli di giornale sui nostri morti: i morti del giornalismo, della libertà, della democrazia. Ma anche dell’ipocrisia e della corruzione.
Martedì 5 settembre. Ancora in Messico. La vittima è Juan Carlos Hernández Ríos, 29 anni, collaboratore di La Bandera Noticias, crivellato di colpi mentre usciva dalla sua abitazione in località Iuriria, a Guanajuato. Erano le nove e mezza di sera quando è stato assalito da due uomini vestiti con abiti scuri, che lo attendevano vicino alla sua abitazione. Due sicari che, compiuto il loro sporco e vile lavoro, sono fuggiti come se niente fosse.
Juan Carlos Hernández Ríos è rimasto a terra: agonizzante, moribondo. I soccorsi, una volta arrivati, hanno cercato di trasportarlo in ambulanza all’ospedale più vicino, ma è morto durante il tragitto.
Perché tanto accanimento? Perché sicuramente il collega - per sbarcare il lunario faceva anche il reporter grafico e il tassista - era un ostacolo per chi ha dato l’ordine di ammazzarlo. I sicari si sono limitati ad eseguire l’ordine, protetti dalle ombre della notte.
Il giornalismo locale, regionale e mondiale ha levato nuovamente il suo grido di dolore di fronte al nuovo attacco contro la libertà di espressione.
Alcuni portavoce del giornale per cui Juan Carlos lavorava hanno dichiarato che erano state denunciate delle minacce contro di lui. Nelle ultime settimane La Bandera Noticias aveva diffuso un video che riprendeva due poliziotti della città di Salamanca che accusavano i loro capi prima di essere uccisi. I loro corpi, trovati lungo un sentiero, recavano dei segni visibili dopo essere stati colpiti ferocemente.
Non ci sono più parole di fronte ad una tale evidenza dell’imbarbarimento umano, che irrimediabilmente sfocia sempre in tragedia, negli ultimi anni impadronitasi della famiglia giornalistica messicana, frustata spietatamente dal crimine organizzato e da elementi deviati dello Stato.
Non c’è altro da dire sul cadavere di un uomo onesto, caduto perché con integrità morale abbracciava il compito di fare informazione. Un compito che lo ha trasformato in un sudario e fatto diventare un martire di una democrazia patetica ed in decadenza. Di fronte ad un governo, quello del Messico, che non si impegna a mettere fine ad una violenza sfrenata, ormai da anni, contro chi lavora nella comunicazione.
Forse impugnare un microfono, una macchina fotografica, un computer o un cellulare per informare risulta ancora più letale di una pistola calibro 9. Ma fino a quando?
Juan Carlos Hernández Ríos è stato l’undicesima vittima di questo sanguinoso anno 2017. Che si faccia qualcosa, oltre a scrivere sui nostri morti.
Foto di copertina: www.telesur.com
Messico, ancora un giornalista ucciso
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