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22 marzo 2012
Foggia. Le estorsioni servivano alla mafia del Gargano per il mantenimento del controllo del territorio ma anche per sostenere i costi della latitanza e assicurare al circuito criminale di riferimento una fonte reddituale extralegale, di cui appare assolutamente chiara la connotazione mafiosa, ormai storicamente riconosciuta. La conferma viene dalle indagini, durate oltre un anno, delle Squadre Mobili delle Questure di Foggia e Bari e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato che stamane hanno portato all'esecuzione di 18 fermi di indiziato di delitto eseguiti nelle città di insediamento storico della malavita nel territorio: Manfredonia, Vieste e Monte Sant'Angelo. I provvedimenti emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari si riferiscono a reati, contestati a vario titolo alle persone Arrestato a Monte Sant'Angelo Giuseppe Pacilli lo stratega del clan Libergolis
Era latitante da due annicoinvolte, di estorsione, porto e detenzione abusiva di armi, favoreggiamento personale, procurata inosservanza di pena ed altri gravi reati. Tutti i delitti sono aggravati dall'aver agito con tipiche modalità mafiose. L'operazione è stata denominata Rinascimento. Le attività investigative, avviate per giungere alla cattura del latitante Giuseppe Pacilli, inserito tra i 30 ricercati più pericolosi, poi arrestato lo scorso 13 maggio, hanno permesso di svelare l'esistenza di una fitta rete di fiancheggiatori che gli hanno consentito di sottrarsi per ben oltre 2 anni all'esecuzione di numerosi provvedimenti restrittivi, tra cui anche condanne definitive con sentenze passate in giudicato per associazione di tipo mafioso. I progressi nelle indagini hanno contribuito a scardinare una delle modalità tipiche utilizzate dalla criminalità organizzata per auto-finanziarsi attraverso il condizionamento delle attività imprenditoriali e legali. L'inchiesta ha accertato la disponibilità di un notevole potenziale di armi altamente offensivo da parte del clan mafioso, a conferma della pericolosità e dell'efficienza organizzativa dell'apparato criminale allestito da Giuseppe Pacilli. L'uomo, già negli anni passati, era ritenuto elemento di spicco del clan mafioso capeggiato dalla famiglia Li Bergolis che, per oltre un trentennio, ha insanguinato le terre del Gargano, prima attraverso una cruenta guerra con il contrapposto cartello criminale dei Primosa-Alfieri-Basta, la cosiddetta faida di Monte Sant'Angelo, e poi, fino a giungere ai giorni nostri, contro la storica aggregazione criminale riconducibile alla famiglia Romito di Manfredonia. Tra i destinatari del provvedimento di fermo figura anche Giuseppe Miucci, ritenuto, prima del suo arresto avvenuto il 31 ottobre 2011, il reggente dell'organizzazione criminale. Nel corso della stessa indagine è emerso che Pacilli e Miucci si sarebbero accordati per spartirsi una larga fetta di territorio di Monte Sant'Angelo allo scopo di condurre, indisturbati, le loro attività illegali.

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