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Tre persone sono state arrestate dal Ros e dai Carabinieri del Comando Provinciale di Trapani perché gravemente indiziate di appartenere alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo. Sullo sfondo emergono i rapporti con il defunto boss Matteo Messina Denaro e il sostegno logistico alla sua latitanza trentennale, interrottasi con l'arresto del 16 gennaio scorso.
Le indagini hanno consentito di ricostruire una serie di presunte dinamiche riguardanti gli assetti della famiglia di Mazara del Vallo, già in passato al centro della manovra finalizzata alla ricerca di Messina Denaro e allo smantellamento del suo circuito di favoreggiamento. In particolare, sarebbe stato documentato l'inserimento di uno dei destinatari del provvedimento cautelare, Giovanni Vassallo, 71 anni - peraltro già socio di Giuseppe Grigoli e a capo di un impero nel settore della grande distribuzione alimentare - nel più stretto circuito comunicativo dell'ex latitante castelvetranese sin dal 2012 e i suoi ritenuti rapporti con coloro che, nel tempo, hanno ricoperto posizioni apicali o comunque di rilievo all'interno del mandamento mazarese, tra cui Vito Manciaracina, Vito Gondola, Antonino Cuttone, Giovan Battista Agate, Luca Burzotta e Dario Messina; il concorso in una rapina commessa a Palermo il 24 maggio 2015 i cui proventi, secondo le dichiarazioni del collaboratore Attilio Fogazza, erano destinati - per il tramite di Giovanni Domenico Scimonelli - alla famiglia dell'ex latitante Messina Denaro; la tensione registrata nel 2020 all'interno del mandamento mazarese tra Francesco Luppino, allora al vertice della famiglia di Campobello di Mazara, e uno degli arrestati che, nel periodo successivo all'esecuzione dell'operazione "Anno zero" e all'arresto del presunto reggente del mandamento, si sarebbe autonomamente posto al vertice di quell'articolazione territoriale, rivendicando, peraltro, la totale autonomia rispetto alla controparte campobellese; la partecipazione degli arrestati - oltre all'imprenditore Vassallo, il 61enne palermitano Emilio Alario e il mazarese 32enne Giuseppe Lodato - al sistema criminale che garantiva la composizione di controversie tra privati con riferimento al mancato pagamento di debiti, alla gestione dei rapporti di lavoro e al redditizio settore delle intermediazioni immobiliari.
Di particolare interesse, in tale contesto, la dinamica che nel giugno 2021 documentava l'intervento del soggetto presuntamente assurto al ruolo di reggente dell'articolazione territoriale mafiosa mazarese per raccogliere le doglianze di un sensale marsalese per l'intermediazione nella vendita di un fondo asseritamente assegnatogli dal defunto reggente del mandamento, Vito Gondola, in cui si sarebbero intromessi altri soggetti di Marsala. In tale circostanza, uno degli arrestati, in forza della propria posizione apicale nel mandamento di Mazara del Vallo, avrebbe anche fissato il prezzo della mediazione (indicandolo nel 2% del valore dell'immobile sia a carico del venditore che dell'acquirente); il presunto interessamento per l'assunzione di manodopera da parte di una ditta legittimamente aggiudicataria di lavori presso il depuratore di Campobello di Mazara, lucrando sulla mancata stipula di un contratto di sub-appalto con la ditta fornitrice del personale; l'ipotizzato intervento in una procedura giudiziaria per la vendita di un terreno a seguito del fallimento della società proprietaria; lo specifico ruolo di supporto logistico e di vettore di comunicazioni riservate presuntamente rivestito da uno degli arrestati. La complessiva ricostruzione ha valorizzato, infine, le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia circa i rapporti di uno degli arrestati con Messina Denaro che avrebbe sostenuto finanziariamente e per il quale gli sarebbe stato chiesto di trovare anche un'abitazione in Tunisia.

Fonte: Agi

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