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3 dicembre 2013
I misteri della guerra di mafia che ha insanguinato Catania negli anni 80’-’90 continuano a schiarirsi. Il periodo dei cento morti ammazzati all’anno, l’era dell’ ascesa dei Laudani che erano divenuti il braccio armato della cosca Santapaola prendendo il posto del gruppo che faceva riferimento al boss Pippo Pulvirenti, 'u malpassotu'.

La procura di Catania ha infatti ricostruito alcuni retroscena grazie alla collaborazione di un pentito, Giuseppe Di Giacomo, uno dei sicari più spietati che  faceva riferimento al clan Laudani, che dal 2009 collabora con la giustizia.

Di Giacomo, autore tra l’altro dell’omicidio dell’avvocato Serafino Famà e dell’attentato col tritolo alla caserma dei carabinieri di Gravina all’inizio degli anni ’90,  dopo l’uccisione del capo, Tano Laudani ha preso in mano il clan decidendo così strategie criminali e repulisti interni.

A distanza di decenni il suo racconto, assieme a quello di Alfio Giuffrida, ‘affiu a pipa’, ha alzato il velo su decine di omicidi. Per cinque delitti in carcere sono stati notificate due ordinanze di custodia cautelare ad Alfio Laudani e Camillo Fichera.

Il più lontano nel tempo, era il 1984, riguarda l’eliminazione di Alfio Gambero, ex pilota di auto da corsa, assassinato come reazione del clan al delitto di Sebastiano Grasso, lui Gambero era stato definito un cane sciolto che voleva agire indisturbato nella zona di Pedara.

E ancora il delitto di Alfio Gritti, ucciso il 10 maggio a Carlentini, per essersi opposto alle rappresaglie decise dal gruppo mafioso dopo la morte di Santo Laudani. Gli inquirenti hanno fatto chiarezza anche sul duplice omicidio del 20 luglio 1993 di Mimmo Peluso e Camillo Caruso, ritrovati in un’auto nel quartiere catanese di San Giorgio,  il primo avrebbe intrattenuto delle frequentazioni con esponenti del clan rivale dei Tigna.

Inoltre è stato scoperto il motivo dell’eliminazione di Giovanni Piacenti, esponente dei Ceusi, assassinato il 3 agosto a Giarre nell’ambito della faida con il clan Cappello e del duplice omicidio dell’avvocato Salvatore Di Mauro assassinato assieme al suo segretario Francesco Borzì: a quanto pare Di Giacomo avrebbe avuto un brutto litigio con l’avvocato nel carcere di Pisa e così decise di eliminarlo anche perché era considerato dai Laudani l’artefice delle strategie dei Puntina.

E’ stato il magistrato della Dda, Pasquale Pacifico a ricostruire quegli anni bui che hanno lasciato una traccia indelebile nella città di Catania.

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