C'è anche un collaboratore di giustizia tra gli indagati nell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bari chiamata Alta Tensione che ieri ha portato a 11 arresti nel capoluogo pugliese, ha confessato di aver ucciso Fabiano Andolfi ed è ristretto ai domiciliari in una località protetta individuata dal servizio centrale di protezione.
A rendere nota la notizia è l'agenzia LaPresse. Secondo quanto si apprende dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari, Antonella Cafagna, su richiesta dei pubblici ministeri Lidia Giorgio e Marco D'Agostino, l'indagato si è attribuito l'esecuzione del mandato omicidiario la sera del 14 gennaio 2018.
Il neo pentito ha dunque confermato l'ipotesi accusatoria secondo cui l'azione è da inquadrare nella guerra tra i clan di stampo mafioso presenti a Bari, Anemolo e Capriati, per la gestione delle attività illecite nel rione Carrassi, dove la vittima, 33 anni, abitava ed era ai domiciliari a casa di un parente. Andolfi era transitato dagli Anemolo ai Capriati.
Nel provvedimento di arresto, inoltre, il gip ha evidenziato che la decisione di collaborare con la giustizia è stata motivata da 'una resa delle armi', cioè dalla volontà di cambiare vita per dare un futuro alla propria famiglia, dopo aver percepito il concreto pericolo per la propria incolumità personale. L'indagato risulta, infatti, sfuggito a un attentato a giugno 2018. Le sue dichiarazioni sono state ritenute attendibili tanto dai pm quanto dal gip.
Mafia, omicidio Andolfi a Bari: nuova luce anche grazie a collaboratore di giustizia
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