di Aaron Pettinari - 4 marzo 2015
Nella descrizione dei ragazzini del “Tc2” inquietanti elementi d'indagine con Riina sullo sfondo
L'allarme scattato nei giorni scorsi dopo la segnalazione della presenza di uomini armati davanti all'ingresso secondario del circolo tennis di San Lorenzo “Tc2”, che era frequentato saltuariamente dal pm del pool trattativa Nino Di Matteo, è serio e le dichiarazioni dei ragazzini che hanno descritto quei soggetti hanno portato ad inquietanti riscontri. Sullo sfondo emerge persino la figura del “Capo dei capi”, Totò Riina, che poco più di un anno fa, dal carcere Opera di Milano, lanciava strali di morte nei confronti del pm palermitano. Nei colloqui con la “dama di compagnia”, il capomafia pugliese Alberto Lorusso, diceva di voler far fare al magistrato la fine del “tonno”. E' da allora che la sicurezza di Di Matteo è stata portata al livello più alto in un crescendo di pericoli che sono stati svelati dalle dichiarazioni dell'ex boss dell'Acquasanta Vito Galatolo, il quale ha parlato di un progetto di attentato con il tritolo su Palermo, ed uno con le armi su Roma, e, forse, anche dall'attenzione di alcuni giovani bambini.
Coincidenze inquietanti
La sensazione è che stavolta ci si è andati vicino. Quell'ingresso secondario poteva essere teatro di un terribile attentato. Il primo elemento da considerare è che il Tc2, si trova nel territorio di San Lorenzo, ovvero nel mandamento del boss Girolamo Biondino. Non uno qualunque ma indicato dallo stesso Galatolo come colui che ha letto la lettera con gli ordini di Matteo Messina Denaro. “Mi dissero che questo magistrato si doveva fermare perché stava andando troppo avanti, stava entrando in cose in cui non doveva” ha detto ieri il figlio di Vincenzo Galatolo durante la deposizione ad un processo di mafia ed estorsioni che si teneva in trasferta presso l'aula bunker di Rebibbia.
Partendo dalle dichiarazioni dei ragazzini del circolo tennis sono giunti anche ulteriori riscontri. I ragazzini sarebbero tutti concordi nel descrivere la presenza di un mirino di precisione tra le armi avvistate. Un elemento chiave che induce a pensare all'esistenza di un nuovo piano di morte che ha nell'utilizzo di un “cecchino”, capace di colpire anche da lontano il magistrato, il suo punto di forza.
I giovani hanno anche raccontato della presenza di un furgone, per cui è stata fornita persino una targa. Ed è dall'approfondimento di questo dato che emerge un'inquietante coincidenza. Il furgone risulta appartenere ad una società edilizia ed il proprietario dello stesso sarebbe un soggetto che qualche tempo addietro era stato segnalato, durante un semplice controllo autostradale, in compagnia con il figlio minore di Riina, Giuseppe Salvatore, oggi trasferitosi a Padova. Ed è questo uno dei dati su cui si sta concentrando la procura di Caltanissetta, titolare dell'indagine, che dovrà chiarire se si tratti di una semplice coincidenza oppure se vi è qualche legame rispetto allo specifico episodio dell'attentato. Certo è che l'interrogatorio dei ragazzini, eseguito alla presenza di uno psicologo, non ha presentato segnali di cedimento o di incertezza e il fatto raccontato è tenuto in alta considerazione.
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