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orlando-leoluca-bigSpeciale Elezioni Amministrative a Palermo. Intervista ai candidati sindaco sui temi di mafia e antimafia.
di Lorenzo Baldo e Anna Petrozzi - 25 aprile 2012



 

Quella mancanza di sana rabbia

di Giorgio Bongiovanni - 30 aprile 2012
Ho letto con molta attenzione le interviste dei miei colleghi Baldo e Petrozzi ai tre candidati sindaco di Palermo che abbiamo scelto per la nostra inchiesta. A domande serie e profonde sono seguite risposte altrettanto serie e profonde, ma per il mio e nostro modo di vedere, a tutti e tre manca qualcosa: quella tensione, quel senso di allerta, quella forza aggressiva, quell’aperto essere “contro” la mafia. E non perché nelle loro parole non vi siano prese di posizione, rispettabili e organizzate, ma la manifesta mancanza di consapevolezza che quella guerra iniziata nel 1992 non è ancora finita. Tutti gli arresti e i grandi successi delle forze dell’ordine in questi anni forse hanno fatto credere che siamo in tempi di ricostruzione post-bellica e forse, diciamocelo chiaro, la lotta alla mafia come cavallo di battaglia nella ricerca dei voti non è più vincente. Lo dimostra il fatto che non fosse in testa, come priorità assoluta, a nessuno dei programmi politici. Complice la stanchezza e la rassegnazione dei palermitani. Complice la potenza di Cosa Nostra che si è insediata nei palazzi del potere locale e nazionale ed è tanto invisibile quanto letale. Dal mio punto di vista invece quest’aria pesante e paludosa, di grande confusione, divisioni e veleni potrebbe essere il preludio di una tempesta e il mio timore è che colga tutti impreparati, e ancor di più e ancora una volta, la politica. Sempre distratta, sempre seconda, sempre colpevolmente in ritardo.
Mi permetto di dare un consiglio amorevole ai ragazzi del Movimento cinquestelle, di cui conosco personalmente alcuni membri come Giorgio Ciaccio che stimo molto per impegno e coerenza, fate attenzione! Frasi come quelle di Grillo, seppur dette in buona fede, anche se poi spiegate nelle loro reali intenzioni, sono indice di una mancanza di conoscenza e attenzione che nel nostro Paese non è permessa. Irritano e offendono, a ragione, il legittimo sentire di chi in questa guerra ha perso sul campo i propri cari e che finché non avrà giustizia non considererà conclusa. E a Palermo sono moltissimi.
Faccio mia e adatto al mio dire le parole del grande filosofo Voltaire: “Non credo a quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo".



Orlando: "Sono usato garantito, fidatevi di me!"

di Lorenzo Baldo e Anna Petrozzi - 25 aprile 2012
Palermo. Leoluca Orlando è Leoluca Orlando. Ha dalla sua la storia migliore di Palermo e l’esperienza. E lo sa. Nel suo quartier generale high tech non c’è tanto movimento, è il 25 aprile e i suoi supporter sono in giro alla conquista della città. Ci riceve nel suo ufficio, essenziale, senza fronzoli, ci fa accomodare ed è subito sindaco: aperto, disponibile al dialogo, ma è lui che deve condurre il gioco. Perché mi candido? “La mia città, la quinta d’Italia, è allo sfascio e nessuno dei capi di partito, dei leader politici, tutti i palermitani con ruoli di potere ci hanno voluto mettere la faccia”. E quindi ha deciso di metterci la sua. Conosciuta, rassicurante. I palermitani nostalgici del bel tempo andato sono già con lui, sperano si ripeta la magia, confidano nella sua competenza. Ma Palermo, così come tutta l’Italia, è cambiata, a vent’anni dalle stragi, è persino peggiorata. Orlando non è comunque tipo da farsi intimidire, il messaggio ai suoi concittadini è senza tentennamenti: chi lascia la strada vecchia per quella nuova, sa quel che lascia ma non sa quel che trova. E lui garantisce: “Fidatevi, sono un usato sicuro!”

Professore, per noi che ci occupiamo specificatamente di mafia, la sua candidatura è un evento di grande interesse. Lei ha contribuito alla storia migliore di questa città che però oggi è in uno stato disastroso. Da una parte ci troviamo come avversario una mafia finanziaria potentissima che ha invaso anche il Nord, e dall'altra una grandissima sfiducia dei cittadini nella politica e un forte disorientamento dovuto alla frammentazione delle varie voci. Anche un sindaco esperto come lei ha davanti una sfida enorme che richiede grande capacità di cambiamento e innovazione, ne conviene?
L’espressione con la quale ho iniziato la mia campagna elettorale è stata: “Giù le mani da Palermo”. Palermo viene da dieci anni di scippi, piccoli e grandi, ma ancora non ha subìto la grande rapina. Fuori di metafora, voglio dire: una rapina, per essere efficace (e non lo dico certo per simpatia con i rapinatori) ha bisogno di un progetto, di un’organizzazione, ci vuole l’esperto che neutralizzi i sistemi di sicurezza, del palo, di uno che si infili il passamontagna e sia abbastanza veloce per scappare… mentre in questi anni la città è stata depredata poco a poco, da ruberie sciatte, di illegalità minuta… che però possono far più danno di una rapina perché si trasformano in cultura, diventano un modo d’essere. Oggi il grandissimo rischio è che i palermitani, stanchi di questa palude, invochino un progetto di razionalizzazione e che questo venga dalla criminalità organizzata. Ed è questa la sfida.
Faccio un esempio. La situazione è molto simile a quella di alcuni anni fa quando il centro storico era soggetto a tanti tipi di questo scippo: la chiusura della via Alloro, l’edificio dichiarato pericolante, il centro storico non vivibile, non facilmente raggiungibile così che grandi masse di decine di migliaia di persone si sono spostate in periferia, nei quartieri dormitorio costruiti dalla mafia. Siamo alla fine degli anni Ottanta e qual era l’obiettivo? Mettere le mani sul centro storico per far sì che venisse applicato un piano regolatore generale abusivo. Sul piano regolatore degli anni Cinquanta c’era un foglio di accompagno dove si leggeva testualmente, a firma dei servi di Lima e Ciancimino: “Occorre abolire questa vergognosa edilizia del passato”. Stiamo parlando di conventi, monumenti, piazze storiche. Allora io appena insediato sindaco cosa ho fatto? Ho bloccato l’edificazione del centro storico, costruendo un progetto alternativo a quello criminale-mafioso.

E oggi cosa occorre fare?
Bisogna invertire la tendenza, l’obiettivo è rimettere in movimento questa città, uscire dalla cultura dell’appartenenza, dell’illegalità che la fa da padrona. Al Sud non ti si domanda chi sei? Cosa sai fare? Ma, a chi appartieni? E questa logica dell’appartenenza che ha soppiantato quella della competenza ha mortificato i diritti, ha violato i bisogni.
Io sono sicuro di sapere cosa serve a questa città perché si possano realizzare grandi progetti. Se sarò sindaco per 5 anni sarò anche l’assessore al personale, perché voglio io, in prima persona ricreare una base solida di fiducia per i dipendenti comunali. La legalità, la lotta alla mafia, ricordatevi, non è un convegno, ma il quotidiano modo di rapportarsi al cittadino che non è suddito, ma cittadino e restituirgli fiducia in un’amministrazione comunale cui i ruoli dirigenziali fino a ieri sono stati assegnati secondo la logica dell’appartenenza e non quella della competenza.

Beh, questi dovrebbero essere i criteri normali con cui opera una città.
E’ con questi criteri che la città di Palermo quando io ero sindaco, 10, 12 anni fa, aveva un rating finanziario a 3, significa 2 punti avanti alla New York del mio amico Giuliani, più avanti della Francia di Sarkozy, al pari della Germania di Angela Merkel…
Come avete visto io non vi ho ancora parlato di lotta alla mafia, ma delle condizioni di cultura per poterla fare. Perché se tu hai un’amministrazione colabrodo che non viene governata con questi requisiti e non hai i servizi da offrire ai cittadini in maniera efficiente è evidente che non puoi fare nessun passo avanti. Il sindaco deve sapere se un ufficio comunale funziona o non funziona, se per mettere una firma su un atto devi portare un caffè o un cappuccino e deve essere chiaro che la responsabilità e la sua. La mia preoccupazione seria è che i cittadini hanno smesso di rivolgersi al comune perché hanno capito che non è conveniente, no non è giusto o non è corretto, non è conveniente! Perché si è messo in crisi un elemento determinante, la qualità della vita in questa città. Non si possono consentire altri 5 anni di isolamento dei cittadini dal proprio comune. Questa candidatura, io credo, sia dalla prima all’ultima parola alternativa alla cultura mafiosa. Quando istituii l’obbligo per il comune di costituirsi parte civile in tutti i processi di mafia ho trasformato il Comune dal luogo in cui la mafia la faceva da padrona nel luogo dove c’era un fronte di lotta alla mafia che non può essere solo repressivo.
Chi ha governato in questi anni ha chiuso le porte di Palazzo delle Aquile ai cittadini con un chiaro messaggio ai palermitani: rivolgetevi ad altri… ma poi accade che chi ti ha dato un aiuto economico poi ti viene a chiedere di fare il palo…

Cosa nostra poi dispone di liquidità fresca e corrompere i più disperati è un gioco da ragazzi.
Sì infatti sta succedendo anche in campagna elettorale. Ho scritto una lettera al Ministro dell’Interno, al Prefetto e al Procuratore della Repubblica di Palermo per denunciare che ci sono personaggi che in cambio di voti stanno raccogliendo soldi con la promessa di lavoro.
Mi si domanderà, dietro c’è la mafia? Non lo so se è l’ideatrice del progetto, ma sicuro si presenta. Cioè, voi pensate che un mafioso possa consentire che nel suo quartiere Mario Rossi raccoglie soldi promettendo lavoro a cittadini e rimanere disinteressato? Dice: caro Mario o me ne dai una parte a me o faccio io l’operazione. O per converso quando poi chi ha avuto richiesto 100, 200, 300 euro va per protestare perché non ha avuto il lavoro, il truffatore si rivolgerà a chi gli suggerirà di lasciar correre. “Hai perso 200 euro. Non insistere sennò perdi di più”. Chiaro?

La politica in effetti dovrebbe svolgere un ruolo complementare a quello giudiziario, anticipandone l’azione in molti i casi e partecipando al mantenimento della legalità e dell’ordine democratico.
E’ una questione di etica, e questo è il segno della mia vita. Non me ne frega niente di fare bella figura, chiaro? Non mi riguarda che Lombardo sia giudicato un mafioso o Andreotti, mi riguarda invece il comportamento etico di questa persona, a prescindere dal processo. Diversamente non posso rappresentare Palermo o la Sicilia. La via per combattere la mafia non è solo quella giudiziaria, bisogna contrapporre all’etica mafiosa un’etica antimafiosa, possibile che la mafia abbia la sua etica e le sue regole e le rispetta e l’antimafia no? La mafia non è una normale organizzazione criminale, è un sistema di potere culturale, un sistema di potere economico, un sistema di potere religioso, e un sistema di potere politico. Se potesse la mafia non ucciderebbe mai. Se deve farlo vuol dire che c’è rivalità tra le cosche per il dominio sul territorio oppure che c’è qualcuno all’interno dello Stato che riesce a contrastarla.

Questo dovrebbe essere noto a tutti, ma ancora, nonostante gli avvenimenti degli anni passati la mafia controlla ancora fermamente il territorio.
Oggi il predominio sulle borgate passa anche attraverso nuove raffinate forme di egemonia territoriale, per esempio attraverso la manipolazione del voto. Non le serve più ricorrere ai vecchi sistemi per cui si viene minacciati o pagati con tutti i rischi che queste operazioni comportano, basta contraffare i verbali ad urne chiuse o far sparire le schede. Fra un po’ io avrò l’annullamento delle elezioni del 2007 perché sono stati provati i brogli. Io ho già posto il problema al Commissario Latella chiedendo che la comunicazione dei risultati venga data direttamente dal seggio alla centrale perché nelle scorse elezioni era stato organizzato un sistema che prevedeva la consegna delle schede ai presidenti del seggio il sabato pomeriggio in assenza di scrutatori. Io ho fatto fare un film, che tirerò fuori quando uscirà la sentenza, girato da Stefano Savona in cui si vedono chiaramente le immagini di due ragazzi in moto, con il casco per coprirsi il volto, che arrivano sgommando davanti al Palazzo delle Aquile e buttano due pacchi con le schede. E nessuno sa chi sono!
E siccome non c’è l’obbligo di identificare chi effettua la consegna delle schede, cosa ci vuole a convincere, con le buone o con le cattive, a farsi dare il pacco e a farlo sparire? Oggi bastano 3 o 4 persone per alterare il risultato del voto.
Di fronte a questo sovvertimento dell’ordine democratico io divento una belva. Quando mi sono rivolto ai capi di partito nazionali e mi hanno risposto: “Che vuoi? Siete a Palermo, si sa che è così!” mi sono messo ad urlare.

Senta professore, oggi il clima generale del Paese è piuttosto preoccupante e alcuni magistrati della Procura di Palermo sono impegnati in delicatissime indagini e ancora una volta rischiano la vita dopo aver subìto attacchi ignominiosi. Quale dovrebbe essere la posizione del sindaco?
Io penso che il Comune deve essere una delle istituzioni che afferma e pratica la legalità. Il modo migliore per collaborare al lavoro dei magistrati è ricordare che loro da soli non ce la possono fare e che ognuno deve fare la sua parte. Non serve a niente andare allo stadio ad acclamare i magistrati, ma agire sul campo per tagliare l’erba da sotto i piedi ai mafiosi.

Che ruolo pensa di affidare alla polizia municipale?
Allora, la polizia municipale dipenderà direttamente dal sindaco. E innanzitutto bisognerà ripristinare l’orgoglio di appartenere a questo corpo che deve avere come valore fondante la legalità. Che non significa applicare il regolamento ma anche verificare che il regolamento sia applicabile. Ci sono alcune norme che hanno tali maglie larghe che si prestano ad errori e molte volte ad abusi e se le regole non sono chiare tra un’applicazione e l’altra poi c’è una tazza di caffè… non so se mi spiego…
Quando ero sindaco l’avevo utilizzata anche per collaborare con la polizia giudiziaria perché dava molto meno nell’occhio un pacioso vigile che pattugliava il mercato piuttosto del poliziotto investigatore che chiunque avrebbe identificato in un attimo.

Milano, al passo con i tempi che corrono, ha istituito una commissione antimafia, lo farà anche Palermo?
Sì la faremo, ma mi permetto di dire che sarà una Commissione per la legalità e contro la mafia perché non vorrei che qualcuno pensasse che l’unico problema di Palermo sia la lotta alla mafia. Mi spiego: conosco fior di farabutti che col fatto che non sono stati condannati per mafia, ma per reati minori continuano a fare i farabutti. Gente imputata per mafia che viene prosciolta da quell’accusa ma condannata magari a 4 anni per turbativa d’asta che convoca una conferenza stampa per dichiarare: “Finalmente i magistrati hanno accertato che sono una persona per bene!”

Sì certo e in questo hanno una responsabilità seria anche i mezzi di informazione che amplificano o riducono la portata di un provvedimento giudiziario a seconda del personaggio in questione, sarà d’accordo però che ci vogliono parole chiare e inequivocabili contro la mafia e anche nei programmi di governo cittadino magari sarebbe dovuta essere più presente come impegno prioritario dei sindaci.
Siamo d’accordo ma questa è la mia storia. Il tema di fondo è che la lotta alla mafia deve essere al primo posto come all’ultimo, ma soprattutto in mezzo nella pratica quotidiana. Ho visto fior di mafiosi fare sit-in a difesa dei magistrati. Per quanto riguarda il non averlo messo in primo piano per me è un passo avanti nella lotta alla mafia. Non è il tempo delle operazioni di facciata, ma di sostanza. Io dal mafioso posso anche farmi ammazzare, ma sfottere no!

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