Leggete con attenzione questa esclusiva di The Guardian sulle responsabilità dell’Europa (con in testa la nostra Italia) nei respingimenti illegali di imbarcazioni con centinaia di esseri umani a bordo. Non solo pagando la guardia costiera libica ma facendo da occhio aereo monitorando con i velivoli dell’agenzia europea Frontex.
Il Guardian pubblica, tra gli altri documenti, un'intercettazione tra un aereo militare europeo e la guardia costiera libica indicando la posizione di un barcone.
Quante volte nel 2019 abbiamo pubblicato i dispacci e le foto di barconi poi scomparsi scattate da quei velivoli con tanto di coordinate ... Quante volte il sospetto che alcune di quelle barche non fossero mai state recuperate da nessuno perché i libici non riuscivano a partire per un motivo o per un altro. Dispersi per sempre i passeggeri.
La paura, l’ossessione per i migranti ha riportato all’inferno uomini, donne e bambini. In alcuni casi li ha solo portati a morire in mare.
E ora, leggendo questo pregevole articolo di colleghi seri, preparati e senza paure, niente mi toglie dalla testa che anche l’ultimo naufragio (quello in cui tra gli altri è morto un bimbo di sei mesi) forse poteva essere evitato.
È stato infatti proprio un aereo Frontex ad avvisare la Open Arms di quel gommone in difficoltà con oltre 100 persone a bordo. Non accadeva da anni che un aereo militare chiedesse aiuto ad una Ong. Peccato però che sia accaduto troppo tardi per le almeno 5 persone annegate, per il piccolo Yussouf e per la mamma di Bangaly, 6 anni.
Sui ritardi nei soccorsi ora indaga la procura di Agrigento.
Leggendo l’articolo del Guardian, io non riesco a non pensare che, ancora una volta, si è cercato di far intervenire i libici che troppo spesso non arrivano in tempo. E che pure quando arrivano, come Caronte riportano persone all’inferno.
E che forse oggi Yussouf avrebbe sei mesi, cinque giorni e tutta la vita davanti.
Tratto da: Facebook
Foto © Imagoeconomica
La paura che uccide
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- Angela Caponnetto