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Il procuratore aggiunto di Firenze intervenuto al Themis Festival: “Nel 1993 e nel 1994 vi furono le condotte più gravi commesse dal dopoguerra”

Cosa Nostra, stragi, ricerca della verità e democrazia. Sono questi i temi ruotati attorno all’ultimo incontro del Themis Festival, organizzato dall'associazione Legalitria, svolto martedì a Locorotondo. Ospiti il procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli ed Alfonso Pappalardo, presidente del Tribunale di Bari che hanno dialogato con l’avvocato Antonio Convertini, Presidente BBC di Lacorotondo e Tonio Salamina, presidente APS Legalitria.
Il pm Tescaroli, non nuovo agli incontri pubblici in Valle d’Itria, ha arricchito il suo registro di indagini con altri e nuovi casi in cui le mafie invischiano i territori. Dopo aver istruito le stragi di Falcone e Borsellino, si è occupato di Mafia Capitale, del delitto Calvi e della banda delle Magliana, ora è titolare delle inchieste sulle stragi del 93/94 a Roma, Milano, Firenze. Ultima, solo in ordine di tempo, l’inchiesta sulla scomparsa della piccola Kata a Firenze ed il racket degli alloggi nell’ex hotel Astor.
Prima di rispondere alle domande di Salamina ai due relatori sullo stato dell’arte del lavoro di ricerca di verità sulla strategia stragista di Cosa Nostra, Tescaroli ha fatto una premessa affrontando il tema della legittimità per un magistrato di parlare, nei limiti del possibile, con i cittadini, nelle tv e nei giornali. In questo senso Tescaroli ha ricordato l’esempio del giudice Rocco Chinnici.
Per Rocco Chinnici era non solo un bisogno ma un dovere rapportarsi con la collettività”, ha ricordato il magistrato. “E c’è anche una ragione profonda che muove la necessità di interagire con la collettività. Le organizzazioni mafiose vivono nell’omertà e esercitano il loro potere in modo da essere sempre riconosciute pur esigendo che non si parli di loro e il silenzio le agevola e quindi parlare di quello che fanno diventa un modo per contrastarle”. Venendo alla questione riguardante la ricerca della verità sulle stragi e i misteri afferenti alla mafia, secondo Tescaroli “è importante che i cittadini sappiano che è stato fatto un notevolissimo lavoro. Io vedo un bicchiere quasi pieno per quanto attiene all’accertamento della verità. E di questo bisogna darne atto perché lo Stato esiste nelle sue componenti più virtuose e certamente la magistratura sia quella requirente, che quella giudicante hanno fatto un lavoro straordinario nella ricostruzione di ciò che è avvenuto”. “Ci sono 32 sentenze di condanna passate in giudicato - ha affermato il procuratore aggiunto - che hanno riconosciuto 32 imputati colpevoli per quegli attentati e questi imputati sono stati processati con il pieno rispetto delle garanzie e questo dimostra come lo Stato sia più forte dei mafiosi perché applicando le regole che si è dato è riuscito a dimostrare nel quadro di un contraddittorio serrato con i difensori degli imputati che loro sono responsabili per questi reati. E questo è uno straordinario risultato. E poi voglio aggiungere che si è posto fine a lunghissime latitanze e questo è un ulteriore elemento importante perché ha impedito a costoro di continuare a svolgere quelle attività che svolgevano da liberi e ancora una volta lo stato ha dimostrato di essere più forte dei mafiosi”. Ma, ha tenuto a precisare il magistrato, si è fatto ancora di più. “Si è riusciti a incidere in due direzioni molto significative, la prima è quella dell’accumulo della ricchezza perché i beni di costoro sono stati oggetto di sequestro e di confisca. E’ stato dato un segnale forte. E ancora sono stati sequestrati depositi di armi e munizioni riconducibili a questi imputati. E tutto questo l’ho detto per ribadire un concetto: che lo Stato c’è e bisogna avere fiducia nella magistratura e nelle forze dell’ordine”.


tescaroli locorotondo 1

Quindi, venendo al profilo della mancanza di conoscenze rispetto alla strategia stragista della mafia, Tescaroli ha spiegato “che a seguito dei processi che sono stati celebrati sono emersi degli spunti investigativi che inducono a ritenere che vi siano stati interessi convergenti nella ideazione e nella esecuzione di quella campagna stragista in capo a soggetti esterni a Cosa Nostra. E questo - ha detto Tescaroli - impone indagare benché siano passati 30 anni e con la consapevolezza che più ci si allontana dai momenti dei delitti più diventa difficile l’effettuazione delle indagini”. Secondo Tescaroli bisogna indagare per più ragioni. “Nel 1993 e nel 1994 - ha ricordato il procuratore aggiunto - vi sono state le condotte più gravi commesse dal dopoguerra in poi, stragi terroristico-eversive eseguite per generare sgomento e paura nei confronti dei cittadini. Stragi che hanno messo in pericolo il nostro vivere democratico, la nostra democrazia. Il presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi, il quale nella notte delle bombe di Roma e Milano del 27 luglio 1993 disse di temere un colpo di Stato e sul finire del 1993, prima che il suo governo si dimettesse, lo stesso Ciampi rivelò di aver pensato di dimettersi”. Tescaroli ha ricordato ancora che quelle furono stragi eseguite in soli 75 giorni. “Questo pericolo che ha corso la nostra democrazia è qualcosa che deve farci riflettere e impatta sull’esigenza di continuare a fare indagini per verificare se è possibile sostenere un giudizio nei confronti di coloro che hanno partecipato come mandanti o come esecutori dinnanzi a un giudice nella prospettiva di ottenerne una condanna. Un agire mafioso che è risultato obiettivamente diretto a colpire il cuore dello Stato e a colpire la credibilità del governo Ciampi. Un governo che era rivoluzionario per la storia politica del nostro Paese perché per la prima volta venivano inseriti esponenti del Pds e quindi aveva avviato un processo di legittimazione di forze di sinistra e queste stragi hanno contribuito a dimostrare alla collettività che il governo non era capace di assicurare una delle garanzie collettive fondamentali, quello di vivere sicuri anche nelle proprie abitazioni dove ci si sente protetti. Ecco quindi - ha concluso Tescaroli - che il pericolo che ha vissuto il nostro paese impone di continuare a svolgere le indagini per cercare di dare un volto a ulteriori responsabili, ove esistenti, approfondendo gli spunti investigativi. E’ un dovere imposto a tutti perché è un tributo a chi ha perso la vita, è un tributo che si deve al dolore dei loro cari e di molti sopravvissuti”.

La mafia pugliese
È intervenuto alla serata anche il Presidente del Tribunale di Bari Pappalardo che ha riassunto la situazione relativa al potere della criminalità organizzata nella regione Puglia.
La situazione pugliese non è preoccupantissima se non per quello che riguarda la mafia foggiana che smercia come 50mila dosi di cocaina al mese nella sola città di Foggia che ha rapporti stretti con narcos colombiani ed albanesi”, ha spiegato Pappalardo. “La situazione nel Salento e nella provincia di Bari è un po’ meno critica. Quella foggiana, invece, è stata sottovalutata all’inizio, pensavamo fosse una mafia di pecorai ma tale non è e adesso stiamo rincorrendo con una certa fatica.
Abbiamo avuto diversi casi di sequestri di persona lampo. Ci sono imprenditori che vengono sequestrati per uno o due giorni e viene pagato un riscatto dai 100 ai 300 mila euro. Di questi sequestri non c’è denuncia. Questi criminali sono a conoscenza che questi imprenditori hanno immense disponibilità liquide eseguono questi sequestri e si fanno versare in contanti queste somme. Gli imprenditori non denunciano perché chiaramente non possono tenersi quelle somme di denaro in contanti
”.

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