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"Papà diventò scomodo da subito, da quando nei primi anni '70, al Palazzo di Giustizia di Palermo, la sua era l'unica stanza che di pomeriggio aveva la luce accesa. Era scomodo perché in quel momento il ruolo del magistrato, dagli stessi giudici, veniva concepito un po' come un normale funzionario dello Stato, mentre papà rivoluzionò completamente questa figura, rendendolo protagonista dell'affermazione dei valori di giustizia e di democrazia". A dirlo è Giovanni Chinnici, figlio del magistrato ucciso da Cosa nostra, raggiunto ieri sera dai microfoni di Italpress per la presentazione del libro "Trecento giorni di sole. La vita di mio padre Rocco, un giudice scomodo" che si è tenuta a Marsala, nel trapanese, presso il Centro socioeducativo "I Giusti di Sicilia", bene confiscato alla mafia e intitolato al Prefetto Fulvio Sodano. "Noi abbiamo avuto una stagione importantissima di contrasto alla parte militare della mafia, che si è conclusa con grandi successi dello Stato, emblematico il 16 gennaio di quest'anno con l'arresto di Messina Denaro, che si può considerare l'ultimo tra i mafiosi che si erano resi protagonisti di quella stagione sanguinaria degli anni '80 e dei primi anni '90 ed era l'ultimo vivo ancora latitante - ha continuato Giovanni Chinnici -. Oggi è importantissimo riuscire a traslare il contrasto alla mafia in ambito economico e sociale, perché oggi la mafia ha abbandonato quelle strategie violente e sanguinarie degli anni '80, però è pericolosa sotto il profilo della sua pervasività e della sua capacità di infiltrare il tessuto economico e quello politico e amministrativo".

Foto © Imagoeconomica

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