Forza Italia prima voleva il carcere, ma ora punta ad ottenere l'introduzione di una maxi multa da 50 mila a 150 mila euro per i giornalisti che pubblicano atti giudiziari, anche se non sono più coperti da segreto, cioè già conosciuti dalle parti.
Per avere un metro di giudizio adeguato basti pensare che per lo smaltimento illecito di rifiuti non pericolosi si va da 2600 euro a 26 mila euro di multa, per l’evasione fiscale da 250 a 1.000, per il disastro ambientale si può arrivare a 50 mila euro e per l'usura da 5 mila a 30 mila euro di multa.
Mentre i reati che possono comportare una sanzione pecuniaria di 150 mila euro includono l'abuso di informazioni privilegiate, la manipolazione di mercato e reati contro la salute pubblica, come il traffico di sostanze stupefacenti in quantità rilevanti: per le droghe pesanti è prevista la reclusione da otto a venti anni e la multa da euro 25.822 a euro 258.228 (articolo 73 Testo unico stupefacenti D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309).
In altre parole per i garantisti dell'ala berlusconiana un giornalista che, facendo il suo dovere, pubblica informazioni non più coperte da segreto andrebbe sanzionato pecuniariamente come un narcotrafficante di cocaina o un ‘ndranghetista che smaltisce le scorie nucleari buttandole nel Mediterraneo o nell’Adriatico.
La proposta di legge, annunciata il 15 dicembre scorso e pubblicata solo mercoledì, è firmata dal capogruppo in commissione Giustizia di Forza Italia Tommaso Calderone, dall’ex capogruppo a Montecitorio Alessandro Cattaneo e dai deputati Annarita Patriarca e Pietro Pittalis.
Calderone è lo stesso che a gennaio di quest'anno ha provato ad introdurre l’articolo 379-ter, “che introduce una fattispecie tipica di reato, punibile da due a cinque anni e quindi, una volta approvata la norma, nessuno potrà più pubblicare con leggerezza atti di indagine fino all’udienza preliminare, così come prescritto. Il mostro non andrà più sbattuto in prima pagina a fronte di una semplice contravvenzione”.
Scartato il carcere come deterrente i garantisti azzurri ora puntano all'abrogazione dell’articolo 684 del codice penale che prevede la pena dell’arresto fino a 30 giorni (che tanto non viene mai ordinato per nessuno) o l’ammenda da 51 a 258 euro per chi “pubblica atti o documenti di un procedimento penale di cui sia vietata per legge la pubblicazione”.
Tommaso Calderone © Imagoeconomica
Al suo posto, invece, verrà introdotto l'innalzamento esponenziale della multa.
Chi pubblica “in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d’informazione, atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione” sia punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 150.000.
Una soluzione che, concludono i parlamentari di Forza Italia, “sarà sprovvista dello stigma criminale” ma sortirà “un notevole effetto di deterrenza a causa della inapplicabilità, contrariamente alla sanzione penale, di istituti sospensivi o sostitutivi, oltre a essere potenzialmente più gravosa rispetto a una pena che, come nella specie, è soggetta a oblazione”.
Non solo, nel disegno di legge azzurro è prevista la retroattività: scrivono i berlusconiani che "le disposizioni della presente legge si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della medesima, sempre che il relativo procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili". Ricordiamo che questa è solo l'ultima delle trovate per silenziare la stampa: il decreto “sulla presunzione d’innocenza” fatto approvare dall’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia ha già imposto pesantissime restrizioni alla comunicazione delle autorità giudiziarie. Il decreto legislativo era stato approvato ad agosto 2020 dal Consiglio dei Ministri e aveva come obiettivo quello di recepire le disposizioni della direttiva Ue 343/2016 sul “rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza". Nei fatti però la politica con un sottile lavoro di limatura l'ha trasformato in un bavaglio soprattutto per i pubblici ministeri lasciando liberi di dire, praticamente tutto quello che ritengono opportuno, le parti private come gli avvocati difensori, gli imputati stessi o i rispettivi parenti.
Oltre a questo vi è anche la riforma Nordio che proibisce la pubblicazione di telefonate e intercettazioni se non quelle riprodotte "dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”. In pratica si potranno portare alla conoscenza dell’opinione pubblica solo le intercettazioni contenute in un’ordinanza di custodia o in un eventuale provvedimento del tribunale del Riesame. Sarà vietato, invece, diffondere ciò che è contenuto nelle richieste della Procura o nelle informative di polizia giudiziaria allegate ad atti d’indagine.
Marta Cartabia © Imagoeconomica
Ma cosa significa in senso pratico?
Che verranno tagliati interi dialoghi di grande interesse pubblico anche se palesemente spregevoli dal punto di vista etico e morale. Questo di fatto lede al cittadino poiché paradossalmente, non si potrebbero più pubblicare nemmeno eventuali intercettazioni ignorate dal gip che dimostrassero l’innocenza dell’indagato.
La questione secondo i deputati azzurri è sempre la stessa: gli atti "sono troppo spesso divulgati o pubblicati” e così il cittadino viene esposto al “processo mediatico”. Peccato che esista anche il dibattito democratico su questioni importanti per la società che non passa obbligatoriamente per la macchina della giustizia.
Inoltre l'imposizione di multe elevate potrebbe intimidire i media e limitare la loro capacità di informare su questioni di interesse pubblico, inclusi gli aspetti critici o controversi per quanto riguarda personaggi legati alla politica.
È certamente importante garantire un'adeguata protezione dei dati personali e dei diritti fondamentali delle persone coinvolte, ma al contempo occorre anche preservare il principio di pubblicità e la possibilità per i cittadini di accedere alle informazioni sull'operato della giustizia.
PDF Per leggere la proposta di legge: documenti.camera.it/leg19
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