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di AMDuemila
Procuratore nazionale de Raho: “Dallo Stato c’è una linea aggressiva che darà i propri frutti”

Ecco la “quarta mafia”, quella di Foggia, una "mafia feroce, aggressiva e violenta, che usa le armi non solo per piegare le vittime di estorsione per pagare il pizzo, ma anche per contrastare gli altri clan sul territorio”. Così il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho definisce la mafia foggiana e descrive la situazione turbolenta e preoccupante della Provincia. Questa criminalità infatti "non utilizza la strategia dell'inabissamento, ma la violenza feroce": "La vittima - continua de Raho - deve non solo essere uccisa, ma scomparire dal ricordo della gente, e questo spiega come, nei casi di omicidio, si riscontrino vari colpi inferti al volto".
Come riporta la DIA nella relazione semestrale gennaio-giugno 2019, i cittadini di Foggia vivono non solo un clima di “assoggettamento” a livello sociale ed economico, ma anche un ambiente omertoso e violento. Sono stati numerosi gli episodi di attentati ai danni di imprenditori e commercianti. Il 13 aprile 2019 a Cagnano Varano (FG) si è verificato anche l’omicidio del Maresciallo Maggiore dei Carabinieri Vincenzo Di Gennaro: “Evento che - come riporta la DIA - seppur non direttamente legato a dinamiche di criminalità organizzata, trova la propria origine nel generalizzato clima di violenza di quelle aree”.

“Una mafia che sfida lo Stato”
La "quarta mafia” ha "aperto una vera e propria sfida allo Stato”, ma il Procuratore chiarisce "come Cosa Nostra si è indebolita dopo aver ingaggiato la sua sfida allo Stato, altrettanto avverrà in questo caso, perché si è compreso che si tratta di una mafia da debellare. Dallo Stato c'è una linea aggressiva che darà i propri frutti”.
Prima di tutto, dopo i dieci attentati compiuti dall’inizio dell’anno, il ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, ha annunciato ieri l’invio “di un contingente straordinario di forze di polizia nella provincia di Foggia”. Una decisione accolta con favore anche da de Raho, il quale afferma che "chi è incaricato di operare in quei territori è particolarmente esperto nell'ambito del contrasto alla criminalità organizzata”. Anche la società civile è stanca e chiede una risposta da parte delle Istituzioni: “I cittadini - afferma il procuratore nazionale - chiedono una repressione forte da parte dello Stato” e questi sono "importanti per tenere viva l'attenzione". Inoltre dal 15 febbraio sarà attiva nella Provincia anche una sezione operativa della DIA. Purtroppo fino a poco tempo fa c'è stata una sottovalutazione del fenomeno criminale nel Foggiano, tanto che lo stesso procuratore sottolinea come “in passato nello stesso territorio ci sono state situazioni simili, analoghe, a quella odierna, ma si è scambiata l'operatività di una mafia sanguinaria e feroce con semplici contrapposizioni tra bande criminali e si è ritenuto il fenomeno non così allarmante, a differenza di quanto si sta facendo oggi: ora l'attenzione è cresciuta molto, e quello che si sta facendo è quello che ci vuole”.

Infiltrazioni delle famiglie mafiose nelle istituzioni pubbliche
La mafia di Foggia, come anche la ‘Ndrangheta, si caratterizza per essere un’organizzazione composta da soggetti che appartengono alla stessa famiglia. In effetti anche il precoce inserimento dei giovani nel sistema criminale, come afferma la DIA nell’ultima relazione, “è dovuto ai legami familiari ed alla necessità di sostituire nella gerarchia criminale i congiunti detenuti”. Una mafia che si basa sul vincolo di sangue comporta il fatto che ci sia, spiega il magistrato, “una particolare chiusura verso l'esterno e, quindi, una forte difficoltà a trovare persone disponibili a parlare. Non ci sono collaboratori di giustizia e i rapporti del clan sul territorio sono tali da proiettarsi verso varie forme di economia, tendendo ad acquisire spazi nel settore agroeconomico in particolare, ma anche legami con l'amministrazione pubblica”. Le indagini della DIA dimostrano che nel territorio “si sta consolidando un’area grigia, punto di incontro tra mafiosi, imprenditori, liberi professionisti e apparati della pubblica amministrazione”, alcune inchieste, conclude il procuratore, "hanno mostrato familiari di mafiosi assunti in vari Comuni o favoriti nelle certificazioni per partecipare ad appalti".

Foto © Ansa/Franco Cautillo

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