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cardella-matteoLa denuncia del figlio di Francesco Cardella
di Lorenzo Baldo - 19 aprile 2013
Sul sito di Change.org è apparsa da alcuni giorni una petizione indetta dal figlio del giornalista Francesco Cardella (deceduto nel 2011) e rivolta al Ministero degli Esteri. Matteo Cardella rivendica di essere stato espulso dal Nicaragua in maniera “irregolare”, in totale violazione dei diritti umani. E si appella alle istituzioni del governo italiano affinché venga fatta giustizia sul suo caso. L’ambasciata italiana in Nicaragua ha affermato di voler fare luce sull’intera vicenda.
Da parte del governo del Nicaragua si assicura invece che l’espulsione di Cardella jr non è affatto illegittima ed è stata necessaria in quanto lo stesso avrebbe infranto le leggi locali sull’immigrazione. Ma i dubbi e gli interrogativi sulle procedure del tutto “inusuali” di questa destituzione restano immutati.

Sul quotidiano del Nicaragua “La Prensa" è apparsa la notizia della sua espulsione alquanto “rocambolesca” dal Paese, ci vuole spiegare come è avvenuta?
E` stato appurato anche dal Cenidth (una organizzazione che si occupa dei diritti umani), che le modalità della mia espulsione sono state del tutto irregolari. Non è stato rispettato il mio diritto di avere assistenza dall'ambasciata di Italia in Nicaragua, non mi hanno concesso neanche il tempo necessario per sistemare i miei effetti personali. Avevo il diritto di essere ascoltato ed assistito e avevo il diritto di appello contro una eventuale decisione negativa, nulla di tutto ciò è stato rispettato. Di fatto la mia espulsione è avvenuta con le modalità di un sequestro, sono stato fermato dalla polizia vicino a casa che mi aspettava con un numero anomalo di agenti in un posto di blocco. La mia auto è stata sequestrata senza una ragione. Sono stato privato subito del cellulare per non darmi la possibilità di chiamare l'ambasciata d’Italia o il mio avvocato in Nicaragua. Così come sono stato privato di portafogli e chiavi di casa, di una memoria USB con dati e files importanti tra cui anche cose private. Gli agenti guidavano come pazzi, giunti al distretto di immigrazione mi hanno fatto entrare dal retro e mi hanno trattenuto un’ora circa negli uffici con tanto di perquisizione. Sono stato poi caricato in un auto con 4 agenti che mi hanno intimato di stare calmo altrimenti mi mettevano le manette. Mi hanno portato tra le montagne al confine con l’Honduras dove volevano lasciarmi al tramonto in maglietta, al freddo e senza soldi.
Fortunatamente gli ufficiali dell'immigrazione dell'Honduras mi hanno ascoltato e hanno compreso la forzatura da parte degli ufficiali nicaraguensi decidendo così di non permettermi di passare il confine in quelle condizioni. Così abbandonato e senza soldi i delinquenti mi avrebbero certamente assaltato e derubato persino dei vestiti, vista la pericolosità di quel Paese. Oramai al tramonto mi hanno ricaricato sull'auto e dopo altre 5 ore sono stato trasferito in una cella sporchissima per passare la notte presso gli uffici dell'immigrazione di Managua. Il giorno dopo ancora un altro viaggio, sono stato lasciato al confine con il Costa Rica sempre senza soldi, con gli stessi vestiti di quando mi avevano prelevato 24 ore prima. Aggiungo infine che alcuni giorni dopo la mia espulsione la polizia è andata nella casa dove risiedevo da un anno e mezzo, a Managua, e illegalmente, senza alcun ordine di perquisizione, ha sottratto documenti importanti, interrogando per ore e poi cacciando il guardiano della casa. A tutt’oggi non si sa nulla delle mie cose, dei miei documenti, dei miei vestiti, dei miei effetti personali e del mio cane...

Per quali ragioni è avvenuta secondo lei?
Dopo un anno e mezzo in cui sono stato messo in una specie di “limbo” dal funzionario del governo, Nestor Moncada Lau, con ogni sorta di raggiro mi è stato impedito di esercitare i miei diritti sulle proprietà lasciate da mio padre, ed è per questo che ho deciso di denunciare il tutto alla stampa locale. Ho rilasciato quindi un’intervista al quotidiano La Prensa e ancor prima che fosse pubblicata la notizia era già arrivata a Moncada Lau - anche capo della polizia e dell'intelligence nicaraguense -, il quale controllava ogni mia mossa da quando ho messo piede in Nicaragua dopo la morte di mio padre. A quel punto Moncada Lau ha deciso di usare la forza e di sbattermi fuori dal Paese come se fossi un criminale.

Dal governo del Nicaragua affermano che lei avrebbe violato le leggi locali sull’immigrazione.
Di fatto la mia situazione migratoria era irregolare in quanto il primo gennaio 2013 erano scaduti i 3 mesi di visto turistico. Tuttavia non erano ancora passati i 6 mesi dal mio ultimo ingresso in Nicaragua (dal Costa Rica). In questa condizione una qualsiasi persona si può mettere in regola per estendere i 3 mesi (fino a 6 mesi) pagando presso gli uffici della immigrazione circa 1 dollaro al giorno per il numero di giorni che eccedono i 3 mesi (cosa che avevo fatto in passato). Non lo avevo ancora fatto (contavo di farlo quanto prima) in quanto ero stretto nella “morsa” di Nestor Moncada Lau ed ero praticamente senza soldi. Era come se fossi su una specie di “libro nero” che mi impediva di trovare lavoro presso una qualsiasi università del Nicaragua, pur avendo un dottorato in fisica teorica e anni di ricerca in università internazionali. Per quanto riguarda le dichiarazioni della ministra del governo del Nicaragua (cioè che mi avevano espulso perché mi avevano notificato varie volte la richiesta di regolarizzare la mia posizione in quanto non mi ero mai presentato e che la polizia era entrata in casa mia prelevando documenti personali perché io stesso lo avevo richiesto) posso solo dire che non è assolutamente vero. E soprattutto non si è mai visto che uno straniero con il visto turistico scaduto venga espulso nella maniera che è stata riservata a me.
 
Quanto ha influito il potere politico in questa espulsione?
Nestor Moncada Lau è di fatto il segretario privato del presidente Daniel Ortega, nonché capo della intelligence, comanda la polizia, l’ufficio immigrazione e altre istituzioni chiave nel Paese.
Lo stesso Moncada Lau si era appropriato della proprietà appartenente alla società Masapa Beach Resort dove mio padre aveva il 75% delle partecipazioni, e attraverso vari raggiri è riuscito a mettere gli eredi in condizione di non poter fare nulla a livello giudiziario per reclamare i propri diritti. La tecnica criminale che ha messo in atto è stata quella di rallentare i tempi del processo civile, di fatto paralizzandolo, aspettare che rimanessi senza soldi e che abbandonassi la “partita” per via della situazione sempre più complicata.

Quanto ha inciso in tutta la vicenda la storia di suo padre?
Da parte mia speravo che i miei diritti fondamentali sarebbero stati rispettati, nulla di più. C’è da dire che oltre ad essere stato un investitore in Nicaragua mio padre era amico da anni dell'attuale presidente Daniel Ortega e di Nestor Moncada. Dal 2007 era inoltre un ambasciatore del governo del Nicaragua e aveva aiutato economicamente il Frente Sandinista in varie occasioni, soprattutto nei periodi bui. Nonostante tutto ciò sono stato raggirato, privato dei miei diritti legali ed umani e infine espulso dal Paese come un delinquente. Tutto questo mi ha completamente rovinato, perché quei pochi soldi che avevo da parte li ho spesi inutilmente per azioni legali, e ora mi ritrovo con vari debiti in Italia. Ci tengo a precisare che non ho mai beneficiato delle ricchezze di mio padre; ripeto, quanto è avvenuto mi ha completamente rovinato anche sul piano economico. Mi aspetterei un aiuto da parte del governo italiano (visto che in questa vicenda vi sono chiare violazioni dei diritti legali e di proprietà), per come sono stato espulso e per le violazioni dei miei diritti umani fondamentali.
 
Resta il fatto che in Italia si pensa che suo padre avrebbe potuto dire molto di più di quello che sapeva, e che invece non ha detto, in merito a vicende “grigie” su corruzione e politica, fino ad arrivare al delitto Rostagno.
Mio padre per il delitto Rostagno è stato accusato ingiustamente insieme alla compagna Chicca Roveri ed alcuni utenti della comunità terapeutica SAMAN sulla base di un castello di ipotesi che non ha retto la prova dei fatti. E' stato messo in galera e sbattuto sulle prime pagine dei giornali  mentre le ricerche sulla pista mafiosa - le più logiche da seguire sulla base dei fatti - sono state volutamente insabbiate per anni. E' stato solo grazie alla forza di volontà della figlia di Mauro, Maddalena, e della sua compagna Chicca Roveri, che finalmente il processo è stato riaperto, gli esecutori materiali del delitto mafioso sono ora sotto processo e auspicabilmente verrà fatta giustizia. Quando mio padre è stato scagionato quasi nessuno dei giornalisti che lo avevano pesantemente accusato ha dato notizia di questo. Eppure i danni per queste accuse ingiuste sono stati elevatissimi, incluso il dover cambiare Paese per non finire di nuovo ingiustamente in galera.
Per quanto riguarda altre questioni grigie di corruzione e politica, non mi risulta che mio padre sia stato mai convocato per rispondere sul punto. D’altra parte debbo dire che non sono al corrente di molte vicende di mio padre, innanzitutto perché ho vissuto molti anni lontano da lui, e soprattutto perché mio padre tendeva a mantenere un forte riserbo su molti aspetti della propria vita.
 
Ha mai avuto sospetti che la morte di suo padre non fosse del tutto chiara?
Ci sono delle circostanze poco chiare sulle quali si può speculare: che la morte non sia avvenuta in modo naturale.

Quali sarebbero queste circostanze?
Preferisco non parlarne.
 
Quali sono ora i suoi progetti?
Cercare di amplificare la mia azione di denuncia attraverso i media a livello internazionale.
Tentare di ottenere appoggio e assistenza da parte delle istituzioni del governo italiano
affinché venga fatta giustizia sul mio caso. E infine affidarmi ad organi di giustizia internazionali e
associazioni per il rispetto dei diritti umani.

In foto: Matteo Cardella

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