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mazze-franco-bossoloAggiornamento
di AMDuemila - 30 marzo 2015

C'è un fermato, accusa di tentato omicidio: quella lite prima dell'agguato
Nuovo agguato a Palermo, in pieno quartiere Zen, contro Franco Mazzè (in foto), 46enne che gestiva una macelleria e che è stato freddato da diversi colpi di pistola, di cui uno alla testa, di fronte a un panificio in via Gino Zappa. L'uomo è stato portato immediatamente in ospedale, ma è deceduto poco dopo. Le motivazioni dell'omicidio sarebbero ancora tutte da chiarire, si passa dall'agguato mafioso alla lite. Nel pomeriggio verrà eseguita l'autopsia all'Istituto di Medicina legale del Policlinico di Palermo. L'indagine è coordinata dal pm Gery Ferrara ed è condotta dalla Squadra Mobile di Palermo.

Mazzè, pregiudicato per mafia, era stato arrestato nel febbraio 2013 insieme ad altri 13 soggetti, tutti accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione e violenza, in quanto per conto di Cosa nostra avrebbero gestito l'assegnazione delle case popolari allo Zen. Le case erano vendute sottobanco, nonostante fossero dell'Istituto autonome case popolari. E numerose famiglie erano costrette a pagare, prima per entrare in possesso dell'abitazione, poi per avere luce e acqua. "ll business è lì dentro, allo Zen 2, a loro arriva una fonte che ci arriva una persona: sai, c'è una casa vuota da un mese, siccome loro hanno il potere che non si spaventano di nessuno... loro arrivano, scassano la casa e ci mettono i fili”, dichiarava il collaboratore di giustizia Salvatore Giordano parlando del ruolo ricoperto dai fratelli Franco e Domenico Mazzè. Quest'ultimo, però, insieme ad altri imputati, era stato assolto da tutte le accuse. L'inchiesta non era riuscita a dimostrare la presenza mafiosa nell'affare, ma altri blitz erano seguiti. Come l'operazione "Fiume", scattata a giugno 2014 sempre allo Zen. Anche in questo caso, dalle indagini era emerso che i residenti delle case popolari sarebbero stati costretti a pagare “la messa a posto” in cambio di servizi primari per vivere in condizioni dignitose. Una storia di prevaricazione e violenza. Proprio in via Gino Zappa, dove Mazzè è stato ucciso a colpi di arma da fuoco, gli investigatori avevano scoperto che tutti i piccoli commercianti pagavano cinque euro a settimana. Una cifra alla quale difficilmente si poteva dire di no ma utile, alla famiglia mafiosa locale, per far valere la propria forza intimidatoria.

Aggiornamento Ore 19:21
Proseguono gli sviluppi investigativi sull'uccisione di Franco Mazzè in un agguato al quartiere Zen di Palermo. Ad essere in stato di fermo dalla notte scorsa - attualmente con l'accusa di tentato omicidio e possesso illegale di armi - è Fabio Chianchiano. L'uomo, ugualmente pregiudicato, era stato arrestato nel 2008 nel blitz "Addiopizzo 4" contro il racket delle estorsioni facente capo al mandamento di San Lorenzo, retto dai boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo. Chianchiano, però, accusato di essere il loro punto di riferimento allo Zen in particolare per il traffico di droga, venne poi assolto.
Secondo gli investigatori la famiglia Chianchiano, nello specifico Fabio, avrebbe ricoperto un ruolo nella lite nata in un bar dello Zen con la famiglia Mazzè, dove domenica mattina è scoppiata una rissa, mentre poche ore dopo, alle 12.30, Mazzè viene freddato da diversi colpi di pistola. Poco lontano, un'altra scena di violenza: un uomo scende da una macchina e inizia a sparare contro un'abitazione. Si tratta della casa di Michele Moceo, nipote di Mazzè, ugualmente processato e poi assolto a seguito dell'operazione con cui sono stati arrestati nel 2013. Per i pm Calogero Ferrara e Sergio Barbiera, coordinati dal procuratore Franco Lo Voi, a sparare sarebbe stato proprio Chianchiano, in quanto risulterebbero alcuni elementi di somiglianza con la persona ripresa dalle telecamere e intenta a fare fuoco. L'uomo, però, interrogato dai Carabinieri, nega qualsiasi coinvolgimento.

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