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boldrini-napolitano-grasso0di Pippo Giordano - 16 dicembre 2013
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. [...] Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? [...] Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”. Una frase tratta da uno scritto celebre, di Antonio Gramsci. (tratto da: ‘L’indifferenza, ammazza più di una lupara’. Incontro con Pippo Giordano. Road Tv Italia) Io aggiungo- odio i silenzi-. E da quando sono nato che rimbomba nella mia mente “muto devi stare”. La locuzione sembra essere un marchio di fabbrica della mia sicilianità: ma non l'ho mai adottata. Da picciriddu, si! Ero obbligato a “muto devi stare” ma poi ho lottato e sto ancora lottando per dimostrare al mondo che quel “muto devi stare” era l'obbrobrio della mia crescita. Ed è per il retaggio del mio passato che non riesco a capire le persone deputate a rappresentarci ad altissimo livello che fanno uso del “muto devi stare” Appare inaccettabilità e inconcepibile che il capo di Stato Napolitano e i presidenti del Senato e della Camera Grasso e Boldrini, stiano in silenzio di fronte alle inaudite minacce, nei confronti dei magistrati in servizio alle Procure di Palermo e Caltanissetta.

I silenzi sembrano avere il contorno dell'indifferenza andante con brio e che quel “muto devi stare” diventa un macigno nei rapporti tra poteri dello Stato, reso ancor più eloquente dalla carica di presidente del Csm. Tra i magistrati siciliani, c'è Nino Di Matteo che è entrato, suo malgrado, nel mirino della mafia ed io aggiungo non solo della mafia. Ebbene, né Napolitano, né Grasso e Boldrini, hanno sinora sentito la necessità di far giungere a Di Matteo, una parola di sostegno e vicinanza per le minacce ricevute. Non sono qui a sollecitare iniziative di alcuno. Anzi a questo punto se dovessero giungere solidarietà a Nino Di Matteo, potrebbero sembrare inopportune. Ed ora indosso i panni di quando all'antiterrorismo, analizzavo i documenti di rivendicazione delle BR. Giova una necessaria premessa. Totò Riina, Leoluca Bagarella, Binnu Provenzano, sono originari di Corleone: città meravigliosa dell'entroterra siciliana che rappresentava l'arcaico stereotipo del siciliano con coppola e lupara. Oggi Corleone è una città avulsa da questi luoghi comuni. Ma il terzetto citato, incarna ancora oggi l'ambiente rurale/mafioso, dove “ una parola è troppa e mezza è assai”. E partendo da questa considerazione che non riesco a comprendere le “abbanniate” di Salvatore Riina: sono fuori logica “corleonese”. Del resto se rivolgiamo lo sguardo a Luciano Liggio carcerato, ci accorgiamo che in effetti, la logica “corleonese” non fu mai messa in discussione: “muto stette!” Ordunque, le minacce di Riina rivolte a Nino Di Matteo, non mi convincono: non mi convincono per l'assenza d'interessi di Cosa nostra nel processo della trattativa Stato-mafia, eppoi per il plateale riferimento al Capo dello Stato. Queste considerazioni mi inducono a pensare che Riina parla per nome e conto di un network di mafie che accumulate da un coacervo d'interessi, potrebbero soddisfare e favorire altri interessi che non appartengono al mondo mafioso. Intanto, analizzando le parole dell'ex boss di Corleone, appare evidente, che pur sapendo d'essere intercettato, non lesina “messaggi” all'esterno. Uno dei messaggi potrebbe essere l'indicazione di come eseguire la sentenza di morte nei confronti di Di Matteo. Quindi, appare urgente che ognuno di noi faccia pervenire ai magistrati siciliani e segnatamente a Nino Di Matteo tutta la nostra solidarietà e vicinanza: facciamo in modo che quel “muto devi stare” diventi “il mio urlo contro gli indifferenti e omertosi”. L'indifferenza ammazza più di una lupara.

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