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tranfaglia-nicola4di Nicola Tranfaglia - 18 aprile 2015
Il Nord è ormai in mano alle associazioni mafiose. Questa è la conclusione cui è giunto un dossier (è il secondo rapporto trimestrale sulla situazione delle mafie al Nord dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università statale di Milano, diretto da Nando Dalla Chiesa) elaborato per la Commissione antimafia, che verrà presentato oggi a Como dalla presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Rosy Bindi, dal presidente della regione Lombardia Antonio Girelli e dal giornalista Piero Colaprico del quotidiano La Repubblica. La cosiddetta "zona grigia" si è ormai estesa fino a diventare "sistema", un gruppo criminale a sé, capace di entrare in relazione, anche attraverso proprie imprese, con le cosche come con la politica, offrire servizi, ricavarne vantaggi. Un network della corruzione, una mutua della malavita con i piedi ben piantati nel mondo delle professioni e con le mani ovunque. E con il vantaggio di un braccio armato pronto all'uso. Con i "facilitatori" che corrono veloci tra un summit e una seduta consiliare per blandire, minacciare, scambiare voti, consenso, incarichi, fedeltà. Con gli appalti soprattutto nel settore della Sanità in una regione come la Lombardia che impegna l'80% della spesa in questo settore contro, per esempio, il 54% della Sicilia. "Investighiamo qui l'area della complicità e della convenienza. Quel mondo trasversale che non solo non contrasta o ne nega l'esistenza, ma spesso ricerca la mafia - spiega la presidente Rosy Bindi - La scommessa è quella di elaborare strumenti di prevenzione che chiamano alla responsabilità le associazioni degli imprenditori e gli ordini professionali". Un focus non sull'universo rarefatto dell'alta finanza, ma un faro puntato sulla quotidianità dei colletti bianchi in permanente relazione con la schiera di apparenti dimessi manovali, ambulanti, baristi, piccoli imprenditori con quattro quarti di nobiltà mafiosa da esibire all'occorrenza". Mentre politica e magistratura dibattono a fasi alterne sull'essenza del concorso di un medico boss come Carlo Antonio Chiriaco ai vertici dell'Azienda sanitaria di Pavia che è capace di controllare 780 milioni di spesa pubblica per dirottarne una parte nelle casse di Pino Neri e di Cosimo Barranca. Ma anche di ospitare latitanti, procurare perizie e offrire un comodo letto a chi ai rigori della cella preferisce la libertà di movimento di un ricovero in clinica: i calabresi Pasquale Barbaro e Francesco Pelle e il casalese Giuseppe Setola.

"Il modello sanitario lombardo, lo dicevamo già qualche anno fa, presentava fragilità che hanno aperto le porte a un sistema di corruzione e di mafiosità" ha aggiunto la presidente Rosy Bindi. Al Nord il cancro è molto esteso e il rapporto dell'Osservatorio ricorda che perfino i servizi infermieristici di Opera, dove era detenuto Totò Riina, sono finiti sotto lo stretto controllo dei clan calabresi e siciliani. Dalla Lombardia, Pavia e Monza soprattutto, al Piemonte e giù fino alla Liguria e poi in Emilia, nel Modenese per spingersi nel Veneto, il crimine piazza bandiere ovunque. Controlla i mercati, fa shopping di aziende in crisi, si incunea nella galassia dei subappalti, costruisce a tavolino i propri "giocattoli", ditte formalmente pulite ma controllate dai mammasantissima. Il ciclo del cemento resta l'affare di riferimento di un'economia che non è affatto liquida ma molto terrena, ricordano i ricercatori. Calcestruzzo, trasporti, guardiania e movimento terra. Dentro i cassoni finisce di tutto. Rifiuti speciali e pericolosi, declassati con un tratto di penna sui documenti che dovrebbero attestarne il rischio. Il rapporto analizza il metodo e utilizza come paradigma la scalata a una consociata lombarda del colosso delle consegne la TNT attraverso la rete dei padroncini controllati dai boss. Quando i vertici aziendali si decidono a far fuori il clan Fachi è un ex colonnello dei carabinieri, Carlo Alberto Nardone, ad elaborare la teoria del chiodo scaccia chiodo: se vuoi liberarti di una cosca devi tenertele entrambe. E molti altri esempi potrebbero farsi di analoghe conquiste di aziende da parte dei clan calabresi e campani. 

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