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Nel nuovo libro la storia di un giudice oltre il suo tempo

Francesca Morvillo: per molti era 'solo' la moglie del magistrato Giovanni Falcone, uccisa assieme al marito in quel 23 maggio 1992.
Una narrazione che non rende giustizia ad una magistrata "molto scrupolosa, che cerca sempre la verità, scandagliando la complessità del reale, attraverso indagini complete e capillari".
L’immagine di Morvillo, per 17 anni sostituto procuratore al tribunale dei minorenni e poi consigliera di Corte di Appello, emerge chiaramente tra le pagine del libro "Il mio silenzio è una stella. Vita di Francesca Morvillo, giudice innamorata della giustizia" (ed. Piccola Biblioteca Einaudi) scritto dal Sabrina Pisu, di cui L'Espresso di oggi ha pubblicato un estratto: vengono raccontati gli enormi sforzi compiuti da Claudia Caramanna, oggi procuratore per i minorenni di Palermo, per recuperare "alcuni fascicoli dei procedimenti istruiti da Francesca Morvillo" all’interno dell'archivio della Procura, “nei locali che si trovano nel sotterraneo, privi di luce e dichiarati non agibili, dove non sono mai iniziati i lavori di restauro”.
Dalle carte emerge il profilo di un alto operatore del diritto: "Lei comprende quanto sia decisivo svolgere l'attività investigativa in prima persona - si legge - e lo fa sempre, ascoltando tutte le persone informate sui fatti personalmente, anche per i reati di minore gravità, nonostante il pubblico ministero, che è il magistrato della Procura della Repubblica che svolge le indagini e sostiene l'accusa dopo che sono stati commessi dei reati, abbia la possibilità di delegare la polizia giudiziaria a sentire i testimoni. Lei studia tutto con grande attenzione, si sofferma su ogni singolo dettaglio contenuto nelle informative del le forze dell'ordine, riascolta i testimoni anche dopo che sono stati già sentiti da carabinieri e polizia. Interroga più volte i piccoli indagati e dimostra sempre una grande attenzione per il linguaggio, quando redige il verbale trascrive con precisione le parole esatte usate dai minori, riporta anche i termini dialettali.


mio silenzio stella morvillo

È consapevole di quanto sia cruciale una verbalizzazione fedele per non correre il rischio che al dibattimento le persone ascoltate possano negare le dichiarazioni attribuitegli, come spesso succedeva, motivo per cui ora gli interrogatori si registrano. Le sue indagini sono sempre molto accurate, lei dispone tutti i riscontri necessari, verifica l'alibi e i suoi approfondimenti sono mirati non solo alla ricostruzione del fatto, ma anche alla personalità del minore che ha commesso il crimine e al suo ambiente sociale, familiare. Quando serve, dispone una perizia psichiatrica per verificare la capacità di intendere e di volere dei minori, che non è mai scontata. Questi atti non solo testimoniano una cura minuziosa e una estrema dedizione nello svolgere il lavoro investigativo ma anche, e soprattutto, un metodo innovativo. Lei mette sempre al centro l'interesse, la tutela del minore e le sue esigenze educative con l'obiettivo di reinserirlo socialmente anticipando, nei fatti, la riforma del 1988 che disciplina ancora oggi il processo penale a carico di imputati minorenni perseguendo proprio il fine educativo e di reinserimento sociale".
Francesca Morvillo cercò sempre di capire quali erano le cause e i significati di un comportamento del minore in un tempo in cui il sistema penale minorile, di retaggio fascista, promuoveva l'aspetto repressivo.
"Lei interviene a tutela del minore sulla base di norme che non esistevano”, ha detto Claudia Caramanna. "I giovani ricevono attenzione da lei, che li vede per la prima volta e, finalmente, come persone, cercando di renderli consapevoli del reato che hanno commesso dicendogli che possono con un supporto fare un percorso per reintegrarsi nella società".

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