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di Aaron Pettinari - 11 luglio 2015
L'allarme lanciato alla presentazione del libro “Collusi”, a Napoli
“Una battaglia fondamentale per il popolo italiano è quella della tutela per l'effettiva indipendenza della magistratura e ad oggi i pericoli non provengono solo dall'esterno ma anche dall'interno”. A lanciare l'allarme, da Napoli, è il pm di Palermo Nino Di Matteo. Il magistrato, giunto a Vomero per presentare il libro “Collusi” (scritto a quattro mani assieme a Salvo Palazzolo), di fronte ad una platea attenta evidenzia il rischio che si sta correndo di fronte ad un progetto di legge “bipartisan” per far diventare “il magistrato un burocrate, attento a non esporsi affinché la magistratura diventi pavida ed organo d'ordine servente e collaterale rispetto al potere politico di quel momento”. Questo pericolo però non viene solo dall'esterno ma anche dall'interno. “Il primo pericolo - ha detto Di Matteo - viene dall'assuefazione a questa volontà di gerarchizzazione e burocratizzazione come se il magistrato o il sostituto che ha un solo giorno di esperienza possa agire solo seguendo quanto imposto dal proprio superiore dimenticando che la Costituzione disegna un'autonomia e un'indipendenza del singolo magistrato nel seguire il rispetto della legge. Poi c'è il pericolo rappresentato da un organo di autogoverno condizionato da logiche correntizie mutuate dalla peggiore politica. Basta vedere quel che accade quando si tratta di nominare i Capi degli uffici dove si fanno scelte dettate dalle logiche delle appartenenze e questo esclude dalla corsa chi non appartiene a nessuna corrente. Vi è il pericolo di far prevalere questioni di opportunità ed anche recentemente altissimi esponenti dell'autogoverno della magistratura, come riportato in alcuni articoli del Corriere della Sera, si parlava del ruolo del giudice che deve valutare le conseguenze del proprio provvedimento prima di esprimersi. Forse sarò dalla parte sbagliata ma io ho sempre ritenuto che il magistrato debba valutare la doverosità del proprio agire e non stare attento alle conseguenze o valutare l'opportunità politica dei suoi atti”. Accanto al pm di punta del pool trattativa Stato-mafia, all'incontro organizzato dall'Associazione demA in collaborazione con la libreria IoCiSto, era presente anche il sindaco di Napoli Luigi De Magistris che, dopo aver ricordato il discorso di Borsellino a Casa Professa nel giugno 1992, ha aggiunto: “I magistrati corrotti non sono molti ma sono tanti quelli che, nel momento in cui si dovevano schierare, decidono di non schierarsi perché lo reputano più opportuno. Chi fa il magistrato in un certo modo sa perfettamente che può andare a sbattere o contro il 'proiettile istituzionale' o contro 'quello di fuoco'. Lo sa dal momento che ha scelto di fare il magistrato che non è un lavoro di potere. Ogni volta che si cerca di gerarchizzare, così come si vuole fare con la magistratura, così come si vuole fare con la scuola stessa, è pericoloso e va contro la democrazia e il diritto. Voglio ricordare che a scipparmi l'indagine a Catanzaro non è certo stata la criminalità organizzata di strada, ma proprio i miei capi, quei capi che poi si è scoperto erano in qualche maniera collusi”.

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Quel rapporto mafia-potere

Nel suo libro Di Matteo parla, con esempi circostanziati, di quel rapporto che c'è e che si è sviluppato negli anni tra mafia e istituzioni. “Sogno che lo Stato acquisisca la consapevolezza che per vincere le mafie non servono solo azioni di polizia, ma è necessario recidere il rapporto tra mafia e potere - ha detto il magistrato -. Fino ad ora non credo che lo Stato e le sue componenti politiche abbiano mostrato di voler creare le condizioni per spezzare questo legame”. Secondo Di Matteo “fino ad allora noi magistrati potremo arrestare mille latitanti e boss, potremo vincere tante battaglie ma mai la guerra. Nel DNA della mafia e di Cosa Nostra il contatto con il potere è assolutamente fondamentale. Senza il rapporto con la politica, con le istituzioni e l'imprenditoria sarebbero un'organizzazione criminale come le altre e, consapevoli di questo, hanno sempre lavorato per instaurare e mantenere quel rapporto”. Dall'altra parte “Ogni volta che le organizzazioni mafiose hanno la sensazione che lo Stato le vada a cercare per trattare, l'effetto è rafforzare la mafia e rafforzare la strategia delle stragi”.
In merito alle stragi Di Matteo ha ribadito che “è importante capire non solo perché sono state fatte le stragi, ma è importante capire perché dal 1994 la strategia è cambiata”. Il pm palermitano ha anche ribadito la necessità di una politica che non demandi sempre alla magistratura il compito di fare pulizia di fronte a comportamenti anomali e fenomeni di corruzione. “A volte ci sono comportamenti che non sono perseguibili dalla giustizia ma che bastano per decretare una sorta di responsabilità politica che porti alla censura di certi tipi di rapporto senza delegare tutto solo alla magistratura”.
Un discorso, quest'ultimo, ripreso anche da De Magistris. “L'isolamento del magistrato passa anche da questa mancata presa di responsabilità - ha detto il sindaco di Napoli - Trovo grave, da magistrato e cittadino, che siano state distrutte intercettazioni telefoniche sul processo della trattativa Stato-mafia e che a chiederle sia stato quello che era il nostro Presidente della Repubblica Napolitano. Io credo che se non si ha nulla da nascondere quelle telefonate si sarebbero fatte sentire”. Alla fine, da parte di entrambi i relatori, un appello per tutti i cittadini “a schierarsi, informarsi, ed agire in prima persona per essere consapevoli e poter scegliere per una nuova rivoluzione culturale, perché tanto di quanto accaduto a Palermo è anche il frutto dell'indifferenza delle persone”.

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