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damico-carmelo-effAll'interrogatorio anche la Dda di Messina
di AMDuemila - 28 febbraio 2015
Protetto da una località segreta, il pentito Carmelo D'Amico, ex appartenente alla mafia di Barcellona Pozzo di Gotto, è stato sentito dalle Procure di Palermo e Messina. Di fronte ai pm palermitani Vittorio Teresi, Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia, insieme ai colleghi messinesi Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, D'Amico avrebbe parlato a lungo dei colloqui nel carcere di Opera tra i boss Nino Rotolo e Vincenzo Galatolo, che si aspettavano "da un momento all'altro" la notizia del nuovo attentato al pm Di Matteo. "Me lo disse il capomafia Nino Rotolo - aveva detto precedentemente ai pm di Messina - Era con lui che facevo socialità", aggiungendo anche che: "Avevo sentito Rotolo che parlava di qualcosa di grave con Vincenzo Galatolo facevano riferimento a una persona che citavano con un nomignolo. Un giorno gli chiesi di saperne di più. E mi disse che Di Matteo doveva morire a tutti i costi".
Il lungo interrogatorio dell'ex capo dell'ala militare barcellonese si sarebbe concentrato sui particolari che il collaboratore aveva appreso nel corso della sua detenzione al carcere di milanese, durante i colloqui che avrebbe avuto con i boss Rotolo e Galatolo sull'argomento e su vari aspetti della trattativa, per averlo sentito direttamente dai due boss palermitani. D'Amico avrebbe fatto nomi e cognomi, e ora le sue dichiarazioni potrebbero riscontrare quelle dell'altro pentito chiave che ha rivelato il progetto di un attentato a Di Matteo, Vito Galatolo, figlio di Vincenzo, che ha parlato del piano di morte e anche dell'acquisto dell'esplosivo per metterlo in atto.

Gli incontri operativi tra le procure di Messina e Palermo sarebbero stati più d'uno, per discutere di vari argomenti tra cui la latitanza del boss catanese Nitto Santapaola nella zona di Barcellona e il fallito blitz, a Terme di Vigliatore, da parte del Ros dei Carabinieri, il protocollo farfalla per avere colloqui top secret con i boss in carcere e la figura dell'avvocato di Barcellona Rosario Pio Cattafi, condannato in primo grado al processo Gotha 3 a 12 anni di reclusione, considerato anello di congiunzione tra mafia, massoneria e servizi segreti.
D'Amico ha finora fornito diversi contributi alla magistratura, confessando una trentina di omicidi ma anche svelando gli intrecci di potere esistenti a Barcellona Pozzo di Gotto, come le ultime dichiarazioni al processo Gotha 3, in cui ha detto che: "L'ex presidente del consiglio comunale di Barcellona Pozzo di Gotto Maurizio Marchetta per conto dell'ex assessore regionale del Pdl Nino Beninati, aveva contattato il clan per ottenere dei voti". Alcune circostanze da lui svelate hanno anche gettato una nuova luce sull'omicidio del giornalista Beppe Alfano: secondo il pentito, infatti, a sparare non fu l'autotrasportatore Antonino Merlino, condannato definitivamente insieme al boss barcellonese Giuseppe Gullotti, ma un altro soggetto. I suoi racconti stanno aprendo inediti squarci sulla storia della mancata cattura del boss Santapaola, che avrebbe trascorso l'ultima fase della sua latitanza proprio a Barcellona. E di questo, anche Alfano ne era a conoscenza.

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