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beninati-ninoMarchetta chiese voti alla mafia per l'on. Beninati del Pdl
di AMDuemila - 27 febbraio 2015
Nuove dichiarazioni del collaboratore di giustizia Carmelo D’Amico ieri al processo di secondo grado “Gotha 3”. Un lungo controesame nel quale il pentito ha approfondito la complessa rete di intrecci tra esponenti mafiosi, politici e logge massoniche nel territorio di Barcellona Pozzo di Gotto e dintorni.
Ad essere tirato in ballo questa volta è l'on. Nino Beninati (in foto) del Pdl: "L'ex presidente del consiglio comunale di Barcellona Pozzo di Gotto Maurizio Marchetta – ha dichiarato ieri D’Amico - per conto dell'ex assessore regionale del Pdl Nino Beninati, aveva contattato il clan per ottenere dei voti". In occasione di una competizione elettorale regionale Marchetta, a detta del pentito, avrebbe chiesto espressamente i voti, chiamando in causa il boss Giovanni Rao (imputato a processo assieme ad altri cinque esponenti, tra capi e gregari, della mafia barcellonese, ndr). Già nella scorsa udienza del 27 gennaio D’Amico aveva parlato di Maurizio Marchetta, imprenditore colluso che aveva dichiarato di essere vittima di estorsione ma smentito in seguito da due collaboratori di giustizia, come amico stretto di Domenico Nania. L’ex senatore Pdl Nania, ha ribadito anche in questa udienza il pentito, era ai vertici di una loggia massonica segreta di Barcellona Pozzo di Gotto insieme all’avvocato Cattafi, loggia che vantava legami con la mafia e aveva il controllo anche della Calabria. Nella scorsa udienza D’Amico aveva dichiarato di aver saputo da Sam Di Salvo (boss che confidò a D’Amico molte delle cose che sta raccontando ora il pentito, ndr)  che Nania non si configurava come “un soggetto organico alla ‘famiglia’ barcellonese”, quanto piuttosto un “conoscente” del boss Gullotti. Boss che sarebbe stato membro dell’associazione di Barcellona Pozzo di Gotto “Corda Frates”, che il pentito ha dichiarato ieri essere intesa come una "loggia massonica lecita", che aveva la sede in uno stabile al piano superiore rispetto ad un appartamento di proprietà di Giuseppe Gullotti.

Nel ricostruire alcune vicende, D’Amico ha ribadito il ruolo di "colletti bianchi" rivestito da Marchetta e dall'avvocato Rosario Cattafi (avvocato considerato testa di ponte tra Cosa nostra, massoneria e servizi segreti, già condannato in primo grado a 12 anni nel “Gotha 3”, ndr) per conto di Cosa nostra barcellonese, spiegando che il loro compito era quello di "aggiustare le cose" in campo politico e giudiziario.
Il collaboratore di giustizia ha anche parlato di un incontro che Marchetta e Di Salvo ebbero a Barcellona con un personaggio, rappresentante delle Istituzioni non meglio indentificato se politico o magistrato, arrivato a bordo di un'auto di rappresentanza.
Il controesame ha spaziato anche sui rapporti tra servizi segreti e mafia barcellonese, l’ex boss dopo aver confermato di essere a conoscenza dei rapporti dell’avvocato Cattafi con personaggi dei servizi segreti ha raccontato che secondo quanto appreso da altri, anche il boss Filippo Barresi (capomafia di rilievo fuggito all’operazione "Gotha 3" e catturato nel gennaio del 2013, ndr) avrebbe avuto dei colloqui ravvicinati con persone appartenenti ai servizi segreti o a strutture particolari.
D’Amico si è anche autoaccusato di essere il mandante di due esecuzioni mafiose, gli omicidi di Nunziato Mazzù e Emanuele Minolfi.
Nella prossima udienza, fissata per il 19 marzo, completeranno il controesame gli avvocati Pinuccio Calabrò e Giovambattista Freni.

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