Un poliziotto scomodo
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Nel 1959 Mangano arriva a Roma, Presidente del Consiglio è Tambroni. Si parla in quel momento di "spie private" del presidente del Consiglio e di controlli telefonici; una polizia personale che fa capo all'ufficio "ombra" degli "affari riservati". Il gruppo che a Trieste lavorò con gli americani aveva allora predisposto un servizio ipertecnologico. Si riunivano in una villa di periferia, dove ricevevano, dispacci cifrati e dati sulle attività dei personaggi politici più in vista. L'oscuro lavoro viene interrotto da un'irruzione comandata da Mangano. Il commissario fu inviato dal capo della polizia nel 1963 a Corleone. Nel maggio del 1964 arrestò Liggio. Nel 1966 venne istituito a Palermo "il Centro di coordinamento anticrime Sicilia" e gliene fu affidata la direzione, durante quel periodo riaprì il "caso Cosimo Cristina", il giornalista "suicidato dalla mafia" sei anni prima. L'attività svolta da Mangano in Sicilia suscitò tensioni in alcuni ambienti giudiziari e politici. Risultato, "Nucleo" smantellato e Mangano trasferito in Sardegna. Fu promosso Questore nel 1971. Nel 1973 fu vittima di un gravissimo attentato. Sopravvisse, gliene fecero quasi una colpa. Alcuni orgni di stampa insinuarono più o meno subdolamente e paradossalmente che l'attentato l'avesse organizzato egli stesso. Gli successe quel che parecchi anni dopo sarebbe successo al Giudice Falcone con il fallito attentato all'Addaura. Il Questore, fu accusato di aver fatto carriera grazie a quella "casta" che anni dopo, sarà ribattezzata da Sciascia con il nome de "I professionisti dell'Antimafia". Questo libro nasce dell'esigenza di raccontare l'uomo, la sua storia, il suo tempo, il suo esempio di onestà e rettitudine morale, la sua figura di uomo probo e coraggioso, un onesto e scomodo servitore dello Stato, che forse ha avuto il merito, non certo il torto, di fare cose normali in "situazioni eccezionali". Fu un uomo scomodo da vivo, il suo "ricordo" una scomoda verità da morto.
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