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Trentasette condannati e trentuno assolti, mentre per tredici imputati è stato disposto il non luogo a procedere. Di questi ultimi, due sono deceduti e due sono stati già giudicati per lo stesso reato in altri processi. Per gli altri 9 prosciolti, invece, è intervenuta la prescrizione.

È questo il bilancio della sentenza della Corte d'appello di Reggio Calabria presieduta dalla presidente Lucia Monaco, ed emessa nell'ambito del maxi-processo "Mandamento Jonico" in cui sono stati coinvolti 81 imputati. Il processo era nato da un'inchiesta della Dda di Reggio Calabria sulle cosche della Locride e del basso Ionio reggino. Gli imputati erano accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, detenzione illegale di armi da sparo comuni e da guerra, turbativa d'asta, illecita concorrenza con violenza e minaccia, fittizia intestazione di beni, riciclaggio e truffa. Tutti reati aggravati dal favoreggiamento alla 'Ndrangheta. Stando all'impianto accusatorio, l'indagine aveva consentito di ricostruire i riti di affiliazione alle cosche e le varie cariche assegnati ai singoli affiliati. Con la sentenza di oggi, la Corte d'Appello ha emesso la sentenza di secondo grado le cui motivazioni saranno depositate entro novanta giorni.

Nello specifico delle condanne la più pesante, 30 anni di carcere, è stata inflitta a Vincenzo Cordì. Tra gli altri, sono stati giudicati colpevoli anche Santo Palamara (24 anni di reclusione), Leo Zappia (22 anni), Carmine Sergi (19 anni), Nicola Armocida e Antonio Barbaro (entrambi condannati 18 anni). Complessivamente, la Corte d'Appello ha rideterminato molte pene rispetto al primo grado decidendo anche assoluzioni di imputati che erano stati condannati dal Tribunale di Locri con la sentenza emessa nel giugno 2020, 66 dei 169 imputati.

Fonte: Ansa 

Foto © Imagoeconomica

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