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"Nel rispetto del principio di materialità ed offensività della condotta, l'affiliazione rituale può costituire indizio grave della condotta di partecipazione al sodalizio, ove risulti, sulla base di consolidate e comprovate massime di esperienza, alla luce degli elementi di contesto che ne comprovino la serietà ed effettività, l'espressione non di una mera manifestazione di volontà, bensì di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un'offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione". E' con queste parole che le sezioni unite penali della Cassazione hanno definito, con un principio di diritto enunciato al termine della camera di consiglio svolta ieri, una questione sollevata dalla prima sezione penale della Corte nell'ambito di un procedimento relativo alla custodia cautelare in carcere di due indagati per 'Ndrangheta.
"La condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si sostanzia nello stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa della associazione. Tale inserimento deve dimostrarsi idoneo per le caratteristiche assunte nel caso concreto, a dare luogo alla 'messa a disposizione' del sodalizio stesso, per il perseguimento dei comuni fini criminosi". Le sezioni unite erano state investite del caso - scaturito dai ricorsi di Domenico e Francesco Modaffari contro l'ordinanza del Riesame di Reggio Calabria che aveva confermato nei loro confronti la misura cautelare in carcere nell'ambito di un'inchiesta sulla cosca Alvaro di Sinopoli - con un'ordinanza in cui la prima sezione della Corte, nel gennaio scorso, aveva sollecitato di chiarire "se la mera affiliazione a un'associazione a delinquere di stampo mafioso cosiddetta 'storica', nella specie 'Ndrangheta, effettuata secondo il rituale previsto dall'associazione stessa, costituisca fatto idoneo a fondare un giudizio di responsabilità in ordine alla condotta di partecipazione, tenuto conto della formulazione dell'articolo 416 bis cp e della struttura del reato dalla norma previsto". La prima sezione penale, nella sua ordinanza, aveva infatti evidenziato un "contrasto" tra la "soluzione interpretativa tendente a ritenere sufficiente la mera affiliazione a un'organizzazione criminale operante secondo il modello prefigurato dall'articolo 416 bis e riconducibile al novero delle 'mafie storiche'" e la "contrapposta opzione ermeneutica tendente a ritenere tale adesione rituale inidonea a fondare un giudizio di responsabilità dell'imputato se non accompagnata da elementi concreti e specifici, rivelatori del ruolo attivo svolto dall'imputato nel sodalizio".

Fonte: AGI

Foto © Imagoeconomica

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