Accuse infondate nei confronti dei superiori, archiviazione per sette ufficiali dei carabinieri. Secondo il giudice anche un altro sottufficiale deve andare a processo
Accuse infondate nei confronti dei superiori, archiviazione per sette ufficiali dei carabinieri e imputazione coatta, con l'accusa di calunnia, nei confronti di due marescialli: uno di questi ultimi, Saverio Masi, è il caposcorta del pm Nino Di Matteo, magistrato più volte minacciato e oggetto di piani di morte, costretto a vivere sotto scorta e protetto come un Capo di Stato. Il provvedimento è del Gip di Palermo Vittorio Alcamo, che ha accolto la richiesta di archiviazione nei confronti del generale Gianmarco Sottili, del colonnello Francesco Gosciu e di altri ufficiali già in servizio nel Nucleo investigativo del capoluogo siciliano, difesi tra gli altri dagli avvocati Enrico Sanseverino, Claudio Gallina Montana e Basilio Milio.
Masi e l'altro maresciallo Salvatore Fiducia li avevano accusati di non avere voluto catturare Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro e di avere nascosto prove decisive per indagini su personaggi politici come Totò Cuffaro. Denunce presentate con anni di ritardo e che sono state ritenute totalmente prive di riscontri. I pm avevano chiesto l'archiviazione pure per i due sottufficiali, ma il giudice Alcamo ha ritenuto necessario imporre la formulazione dell'imputazione, dunque la richiesta di rinvio a giudizio
con l'accusa di calunnia. Saverio Masi, che per fatti analoghi è già sotto processo a Roma, con l'accusa di diffamazione, nel 2015 fu condannato - con una sentenza definitiva - a sei mesi per avere falsificato la firma di Gosciu, cosa che gli sarebbe servita per simulare di essere stato autorizzato a svolgere un'attività investigativa con un'auto privata, multata per eccesso di velocità. Il maresciallo è ancor oggi in servizio con Di Matteo.
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