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discarica-bussiIl testo della lettera dell’avvocato dello stato Gerardis, che ha convinto Palazzo dei Marescialli ad aprire un fascicolo sull’inchiesta di Chieti
di Antonio Massari
Nel fascicolo appena aperto dal Csm – destinato alla prima commissione – insieme con le inchieste del Fatto Quotidiano c’è una lettera di poche righe. Ma dirompenti. “Ho constatato gravi anomalie nel processo sul disastro ambientale a Bussi”, scrive l’avvocato dello Stato Cristina Gerardis, nella lettera che ha convinto definitivamente il Csm ad aprire un fascicolo: “L’avvio della pratica – spiega il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, il 12 maggio – è stato deciso anche dopo aver ricevuto una missiva dall’avvocato dello Stato Cristina Gerardis”. La vicenda riguarda il processo per la mega-discarica di Bussi sul Tirino e i 19 imputati – ex dirigenti e tecnici della Montedison – poi assolti dall’accusa di aver avvelenato le falde acquifere e condannati per disastro ambientale colposo, con reato caduto in prescrizione. Insomma, il 19 dicembre scorso, con sentenza della Corte d’assise di Chieti, il processo si chiude nei fatti senza condanne. Alcune delle sei giudici popolari, però, raccontano al Fatto Quotidiano di non essere state “serene” al momento del giudizio e di non aver mai potuto leggere gli atti del processo.

Soprattutto, però, rivelano il retroscena di una cena, consumata il 16 dicembre, quindi appena tre giorni prima della sentenza, con i due giudici togati: il presidente della Corte, Camillo Romandini, e il giudice a latere, Paolo di Geronimo. “Avremmo voluto condannare per dolo – spiegano – e durante la cena ne abbiamo discusso con i due giudici togati”. “A quel punto il giudice Romandini – raccontano le giurate, che preferiscono mantenere l’anonimato – ci ha spiegato che se avessimo condannato per dolo, se poi gli imputati si fossero appellati, e avessero vinto la causa, avrebbero potuto citarci personalmente, chiedendoci i danni. E avremmo rischiato di perdere tutto quello che avevamo”. Romandini ha replicato che non intende commentare percè non può violare il segreto della camera di consiglio. Ma le giudici non hanno parlato di quanto avvenuto nella camera di consiglio, bensì di quanto accaduto in un ristorante: "Una pizzeria non può essere mai una Camera di Consiglio: forse è anche inopportuno fare riunioni in un luogo che non sia deputato. Il luogo naturale dove si riunisce una Camera di Consiglio è il Tribunale". Dichiara all’Ansa professor Mercurio Galasso, per 40 anni titolare della cattedra di Diritto processuale penale all’Università di Teramo.

E dal fascicolo appena aperto dal Csm emergono ulteriori dettagli. Un mese fa – quindi prima dell’inchiesta del Fatto – l’intera vicenda è stata segnalata a un’importante organo dello Stato: la commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. La segnalazione è partita proprio dall’avvocato dello Stato, Cristina Gerardis, che la menziona nella lettera inviata al Csm. Non è quindi un caso che la commissione abbia da tempo fissato delle audizioni – tra il 27 e il 28 maggio a Pescara – per approfondire le vicende legate alla discarica dei veleni di Bussi sul Tirino. E il punto “forte” del fascicolo appena aperto dal Csm sta proprio nel fatto che, nelle poche righe consegnate dalla Gerardis, non soltanto c’è la disponibilità a raccontare “ogni dettaglio” a sua conoscenza: c’è anche la chiamata in causa di Alessandro Bratti, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti: Gerardis riferisce infatti al Csm che Bratti, dei dettagli che lei è pronta a riferire, “già conosce il contenuto”.

Ma c’è di più. Riguardo le rivelazioni pubblicate dal Fatto Quotidiano, poi, l’avvocato dello Stato riferisce di aver avuto direttamente “contezza” dopo la sentenza. A dicembre, prima della sentenza, riferisce invece che “sul territorio” era particolarmente diffusa una consapevolezza: “che gli imputati sarebbero stati tutti assolti”. Ma si trattava solo di “voci” insufficienti, da parte sua, per denunciare la situazione. In realtà già il 4 dicembre, dinanzi agli avvocati di alcune parti civili, inclusa l’avvocatura dello Stato, qualcuno aveva riferito di aver saputo che le assoluzioni erano già scontate. “Non posso rivelare il nome di questa persona – ha dichiarato Gerardis al Tgr dell’Abruzzo – se non alle autorità competenti a indagare”. Un riserbo più che giustificato. Dopo aver incrociato diverse fonti, infatti, il il Fatto è in grado di rivelare un ulteriore dettaglio: si tratta di un personaggio che riveste un ruolo istituzionale.

Fu un rappresentante delle istituzioni, 15 giorni prima della sentenza che riferì alle parti civili: “La partita è già chiusa. Ho saputo che saranno tutti assolti”.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano del 16 maggio 2015

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