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de-magistris-luigiLa sentenza per abuso di ufficio mette in discussione il suo ruolo di primo cittadino a Napoli. Lui replica: "La peggiore delle ingiustizie"
25 settembre 2014

Dopo la condanna a sorpresa incassata per la vicenda delle utenze di alcuni parlamentari acquisite senza le relative autorizzazioni quando era pubblico ministero, ora Luigi De Magistris deve fare i conti con chi gli chiede di lasciare la poltrona di sindaco di Napoli. Le voci di pressioni per spingerlo a dimettersi aumentano, ma lui, su Twitter, scioglie ogni dubbio: "Ci sono pezzi di Stato collusi che vanno abbattuti e servitori dello Stato di cui essere fiero: non mollo, resisto e lotto per la giustizia".
La sentenza di condanna, un anno e tre mesi di reclusione con sospensione condizionale, beneficio che fa decadere anche l'interdizione dai pubblici uffici per un anno, è stata emessa dalla X sezione del tribunale di Roma presieduta da Rosanna Ianniello ed è stata estesa nella stessa misura anche a Gioacchino Genchi, consulente informatico di De Magistris all'epoca dei fatti. La condanna nei confronti dell'ex magistrato è stata emessa malgrado la richiesta di assoluzione fatta dal pm Roberto Felici, il quale aveva sollecitato la condanna solo per Genchi.   

Le accuse
I due imputati dovevano rispondere di abuso d'ufficio per aver acquisito utenze senza autorizzazioni di vari parlamentari tra i quali di Romano Prodi, Francesco Rutelli, Clemente Mastella, Marco Minniti e Antonio Gentile. Contro la sentenza tuona De Magistris: "La mia vita è sconvolta, ho subito la peggiore delle ingiustizie. Sono profondamente addolorato per aver ricevuto una condanna per fatti insussistenti. Ma rifarei tutto, e non cederò alla tentazione di perdere completamente la fiducia nello Stato".   

La difesa del sindaco
"In Italia, credo, non esistano condanne per abuso di ufficio non patrimoniale - aggiunge il sindaco di Napoli -. Sono stato condannato per avere acquisito tabulati di alcuni parlamentari, pur non essendoci alcuna prova che potessi sapere che si trattasse di utenze a loro riconducibili. Prima mi hanno strappato la toga, con un processo disciplinare assurdo e clamoroso, perché ho fatto esclusivamente il mio dovere, dedicando la mia vita alla magistratura, e ora mi condannano, a distanza di anni, per aver svolto indagini doverose su fatti gravissimi riconducibili anche ad esponenti politici".   

Il processo
Nel corso della requisitoria, il rappresentante dell'accusa aveva sostenuto che, pur essendo stato De Magistris a dare "carta bianca" al suo consulente tecnico indagando sui contatti trovati nell'agenda di un imprenditore indagato, Antonio Saladino, fu Genchi a trasformarsi in "dominus" dell'inchiesta e a disporre non solo i decreti di acquisizione degli atti, ma anche a scegliere i nominativi dei parlamentari i cui tabulati telefonici dovevano essere acquisiti. Insomma, per il pm Felici "una violazione e una indebita intrusione nella vita privata" dei parlamentari. Argomentazione, quest'ultima, accolta dal tribunale di Roma che ha ritenuto di estendere anche a De Magistris le responsabilità attribuite a Genchi.   

La soddisfazione del legali di parte civile
"La sentenza emessa dal tribunale di Roma rende piena giustizia agli uomini politici tra i quali Francesco Rutelli e Clemente Mastella", hanno affermato  gli avvocati Titta e Nicola Madia oltre a Cristina Calamari, legali di parte civile per conto di Rutelli e di Mastella. "La grave violazione delle prerogative dei parlamentari in questione - hanno aggiunto - determinò una violentissima campagna di stampa contro il governo all'epoca in carica".

Mastella: "Quell'indagine mi ha rovinato"
"Nulla mai potrà ripagarmi. Quell'indagine condotta in maniera illegale è stata all'origine di tutte le mie difficoltà sul piano umano e sul piano politico", è però l'amaro commento di Mastella. Soddisfazione è stata espressa anche dal legale di Antonio Gentile. E ora diversi parlamentari di Forza Italia invocano le dimissioni di De Magistris da sindaco di Napoli.

rainews.it

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