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"Nessuno ci ridarà nostro figlio, ma il percorso verso la verità che abbiamo intrapreso lo porteremo a termine in nome di quella 'meglio gioventù' italiana che parte veramente con l'intenzione di migliorare la vita del prossimo e porta in altro il nome dell'Italia nel mondo". Sono state queste le parole di Anna Motta, madre del cooperante e collaboratore delle Nazioni Unite Mario Paciolla, morto in Colombia in circostanze ancora da chiarire il 15 luglio 2020.
Il giovane trentatreenne, nativo di Napoli, era stato trovato morto nella sua abitazione di San Vicente del Caguàn, nel dipartimento meridionale di Caquetà. Il cooperante collaborava per l'Onu nell'ambito della missione di verifica e monitoraggio degli accordi di pace siglati nel 2016 tra lo Stato colombiano e le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (Farc). "L'Onu, proprio l'organismo che si occupa di garantire i diritti umani nel mondo, non è riuscito a garantire il diritto alla vita di mio figlio, derubricando la sua morte come un suicidio pochissime ore dopo il ritrovamento del suo corpo e senza neanche garantire l'autopsia", ha detto Motta. "Il nostro appello è chiaro: chi sa, nella sua squadra di lavoro, parli".

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