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costituzione-cartadi Luca De Carolis - 11 settembre 2013
L’aula approva il ddl costituzionale, contrari solo M5S e Sel. Il testo ora torna in senato per la 2° lettura: la maggioranza vuole chiudere in 3 mesi
Primo colpo alla Carta, nell’aula arroventata. Come previsto, ieri pomeriggio la Camera ha approvato in prima lettura il ddl costituzionale 813, che stravolge l’articolo 138 e istituisce un comitato di 42 parlamentari che potrà riscrivere quasi metà della Carta. In un clima da corrida, con Cinque Stelle a protestare con manifesti, mani alzate e interventi al vetriolo, e tanto Pdl a sbraitare e (in qualche caso) a minacciare, il conto finale è di 397 sì, 132 contrari e 5 astenuti. Ha stravinto la maggioranza che vuole la riforma semi presidenzialista, larghissima: dal trio di governo Pd, Pdl e Scelta Civica sino a Lega Nord e Fratelli d’Italia. Tenacemente contro, solo M5S e Sel.

MA LA PARTITA non è ancora chiusa, perché come ogni legge costituzionale il ddl 813 dovrà essere nuovamente approvato dalle due Camere. Terminata la prima lettura, ora il testo ripartirà dal Senato, per poi tornare a Montecitorio. L’obiettivo della maggioranza è arrivare al sì definitivo appena possibile, ossia entro fine dicembre (dalle 2 letture devono trascorrere almeno 3 mesi). Obiettivo alla portata, visto la fretta con cui hanno chiuso la prima fase (il sì della Camera è arrivato in luglio).

Va di corsa anche la commissione dei saggi, che dovrà consegnare al Parlamento una relazione con proposte per la riforma prossima ventura. Proprio ieri, il “saggio” Violante ha fatto sapere: “Chiuderemo i lavori entro la fine di questa settimana, con un mese di anticipo”.

Non casuale, probabilmente, che l’abbia detto nel giorno del via libera al ddl. Per di più, poche ore prima della seduta della giunta delle elezioni sul caso Berlusconi, su cui Violante si era schierato con il suo presunto lodo pro-B. Quel che conta però resta il primo sì a un testo che dimezza i tempi dell’articolo 138, la “valvola di sicurezza” della Carta, riducendo da 3 mesi a 45 giorni l’intervallo tra le due letture delle Camere sulle leggi costituzionali. Una deroga, precisa il ddl. Ma un precedente pericoloso. Di certo, uno “sconto” più che utile alla maggioranza. Il testo prevede (ma non impone) di varare la riforma entro 18 mesi dall’entrata in vigore del ddl. Ossia, almeno entro metà del 2015. Calcoli ancora ipotetici, a fronte di rischi concreti. Come quello di affidare a 42 parlamentari (20 deputati e 20 senatori, più i presidenti delle commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato) il compito di riscrivere i titoli I, II, III e V della seconda parte della Carta: Parlamento, Presidente della Repubblica, Governo, Regione, Province e Comuni. Il successivo iter in Parlamento potrebbe solo limitare i danni (eventuali). Ma la maggioranza è andata dritta ugualmente.

Il motivo lo ha riassunto Gennaro Migliore (Sel): “Il comitato dei 42 serve a tenere insieme dei dissensi che sono emersi in maniera strisciante, eppure sarebbe doveroso dire che la materia di riforma costituzionale non è materia di governo”. Duro Antonio Ingroia (Azione Civile): “Il Pd è complice dello stravolgimento della Carta e spiana la strada a una revisione in senso presidenzialista, esattamente il piano piduista di Licio Gelli”.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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