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8 marzo 2012
Catania. «Adesso è ufficiale: c'è stato un depistaggio orchestrato da qualcuno sulla strage di via D'Amelio a Palermo in cui vennero uccisi Paolo Borsellino e cinque dei suoi agenti di scorta». Lo scrive il settimanale L'Espresso sulla sua edizione online dove si trova un video girato da investigatori nelle strade in cui fu rubata l'auto usata per l'attentato di via D'Amelio, una Fiat 126 imbottita di tritolo: il falso pentito indica il posto sbagliato, Spatuzza quello giusto. Del furto della vettura si era autoaccusato Salvatore Candura, un personaggio di cui nessun mafioso fino al 1992 aveva mai sentito parlare. Eppure compare sulla scena del crimine come il sedicente autore del furto, l'uomo che (insieme ad un altro falso pentito, Vincenzo Scarantino) sostiene di aver organizzato la prima parte esecutiva dell'attentato. Ma successivamente il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza rivela retroscena inediti su via D'Amelio e tra l'altro dice che Candura non c'entra: è stato lui a rubare l'auto. La Dia decide di fare un riscontro in un modo molto semplice che però, incredibilmente, non era mai stato usato in precedenza. Gli investigatori chiedono infatti separatamente a Candura sia a Spatuzza di portarli sul luogo dove, secondo loro, era stata rubata la 126 usata per l'attentato. I due indicano due vie diverse di Palermo. A risolvere la questione è l'ex proprietaria dell'auto che indica lo stesso posto di Spatuzza, smentendo la ricostruzione di Candura.

ANSA

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