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di-matteo-nino-big5Processo Stato-mafia per capire chi ha fatto da intermediario
28 ottobre 2014
Roma. "La Storia della mafia è fatta di momenti di apparente calma, momenti di apparente difficoltà e poi di improvvisi ritorni alla strategia stragista. Io non credo che ci siano gli elementi per ritenere definitivamente superato il pericolo di un ritorno di strategia di violento attacco allo Stato. Guai se lo Stato sottovalutasse la capacità di Cosa Nostra". A parlare così è il pm Nino Di Matteo (in foto), intervistato da Euronews. "Le strade della mafia e dello Stato non si devono mai incontrare", per questo il processo Stato-mafia, aggiunge il pm, "mira a capire se negli anni che vanno dalla fine del '91 fino al '94 Cosa Nostra abbia usato le bombe per intimidire lo Stato e indurlo a delle scelte di minore rigore repressivo nei confronti dell'organizzazione mafiosa e se uomini dello Stato si siano fatti, in qualche modo, intermediari di questo ricatto di Cosa Nostra nei confronti dello Stato". "Gli uomini dello Stato non sono coinvolti per il fatto di avere trattato - spiega Di Matteo - ma per il fatto di avere, così come noi riteniamo nell' ipotesi di accusa, svolto un ruolo di intermediari nel ricatto. Credo che uno Stato e una giustizia che vogliano essere credibili non debbano avere paura di affrontare queste tematiche". "La mafia, a un certo punto, ha cominciato a capire - aggiunge il pm - che gli attentati eccellenti, le bombe pagavano, erano utili perché lo Stato, andando a cercare la controparte, dimostrava di cominciare a piegare le ginocchia. Cosa Nostra, in particolare Totò Riina ha capito che quella delle bombe poteva essere la strategia giusta per costringere lo Stato a venire a patti". "La storia, non solo giudiziaria - prosegue Di Matteo - dovrebbe insegnarci che con Cosa Nostra, e con le organizzazioni mafiose in genere, non si può mai cercare una qualsiasi forma di dialogo perché dialogare con la organizzazione mafiosa significherebbe riconoscerle una struttura e una sostanza di controparte che un'organizzazione mafiosa non deve mai avere. Lo Stato si deve muovere solo per reprimere l'organizzazione mafiosa". In particolare sul dibattimento, Di Matteo aggiunge "le indagini e il processo sono ovviamente difficili ma sta andando avanti con grande serenità e serietà. C'è una grande volontà di approfondimento da parte della Corte, di noi pubblici ministeri e anche degli avvocati. Nelle fase delle indagini, secondo noi del pubblico ministero, non tutti hanno detto tutto quello che sapevano, alcuni hanno mentito, altri hanno cominciato a esternare le loro conoscenze soltanto con grande ritardo rispetto ai fatti che avevano conosciuto e molti soltanto dopo che della vicenda, della trattativa, avevano iniziato a parlare mafiosi come Spatuzza o figli di mafiosi come Massimo Ciancimino”.

ANSA

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