L’arabesco intarsiato al centro di un obelisco
di colpo emerso nella prateria,
(vegetazione di frasi, profumi di lavanda,
gialli girasoli, zone di verde intenso),
dall’alto del suo occhio magico,
ha messo a posto i frammenti
delle ultime teste calde ancora in giro,
variazioni sul tema unico non consentite,
ha restaurato l’uovo al centro della cupola
ha acceso la luce in cima,
ha spolverato sul mondo frammenti di etnie,
diversità biologiche,
fumo d’odio molto,
poca luce di sorrisi,
prima di addormentarsi
nel suo soffuso giaciglio d’ipocrisie,
dove crescono nei sondaggi
incontrollabili fioriture d’imbecillità,
ripristino inarrestabile della bruttezza,
sonnolenza delle rose,
agguato del serpente velenoso.
Con consapevolezza, tra volare e strisciare,
la maggioranza ha scelto,
credendo di scegliere,
frastornata da falsi significati.
Così, dietro l’alibi delle regole
scorrono le ore della notte,
oblio della luce, brusio della tenebra,
rari cortei di pacifisti caricati,
riduzione dell’esistenza
dentro case trasformate in prigione,
compost di modelli prescritti
senza possibili variazioni,
reperimento delle risorse
per la crociera degli dei stanchi.
Quando ne parlavamo,
qualche secolo fa,
c’era ancora qualche via d’uscita,
molti brividi d’illusione,
lotte e granuli di conquiste
dentro il ventre della balena,
possibilità d’evasione verso spiagge d’anarchia,
ora, per ora, tutto è perduto,
dissolto nel display di un cellulare,
diluito tra i reflui dell’urna,
esposto sotto il faro dell’inganno.
Prospettive per il futuro?
Solo se crediamo nel tutto cambia,
solo se facciamo che tutto cambi.