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Condannato a diciotto anni Giuseppe Grande Sarcone

Mercoledì il Gup di Bologna, Claudio Paris, ha condannato 22 imputati che, nell'operazione Perseverance, avevano scelto di essere giudicati con rito abbreviato.
Tra loro vi sono due Grande Sarcone, Nicolino (otto anni) e Gianluigi (tre anni e otto mesi); Domenico Cordua (15 anni), Giuseppe Friyio (14 anni e quattro mesi), Salvatore Procopio (14 anni), Giuseppe Caso (13 anni e quattro mesi), Angelo Caforio (sei anni), Alberto Alboresi (otto anni) e Genoveffa Colucciello (otto anni).
Ai 22 condannati si aggiungono ai 14 imputati che hanno invece, sempre nella giornata di ieri, deciso di patteggiare.
L'operazione Perseverance, coordinata dalla Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia, è scaturita dalla fusione di due filoni investigativi curati dalla Polizia di Stato, Questura di Reggio Emilia, e dall'Arma dei Carabinieri, Comando Provinciale di Modena, che avevano documentato le azioni di Giuseppe Sarcone, figura di spicco della 'Ndrangheta emiliana. L'operazione ha inoltre permesso di ricostruire, oltre all'azione imprenditoriale mafiosa dei fratelli Sarcone dal 2000 in poi, anche diverse ipotesi di fittizia intestazione di beni e di quote societarie; articolate operazioni di falsa fatturazione; falsa testimonianza durante il maxi processo Aemilia di primo grado per favorire gli imputati. Il Tribunale ha disposto infine la confisca di oltre 3 milioni di euro quale profitto dell'attività di emissione di fatture per operazioni inesistenti di 14 società, due immobili (uno ubicato a Reggio Emilia ed uno a Cutro) e un'autovettura.

La figura di Giuseppe Grande Sarcone
È il più vecchio dei quattro fratelli che comandavano a Reggio Emilia e anche l'ultimo rimasto in libertà. Secondo l'accusa e il giudice, era lui – dopo l’avvio del processo Aemilia – a mandare avanti gli affari della cosca di ‘Ndrangheta.
Mercoledì 30 novembre è stato condannato a 18 anni di carcere con il rito abbreviato, al termine del primo grado del processo.
Il collaboratore di giustizia Angelo Salvatore Cortese - riporta il 'Fatto Quotidiano' - ha sottolineato la compattezza della famiglia Sarcone.
Secondo gli inquirenti vi sarebbero state otto società in mano ai mafiosi. Queste ultime erano in grado di produrre, tra il 2018 e il 2021, fatture per operazioni inesistenti al ritmo di 10.840 euro al giorno di media, comprese le domeniche, per 372 società del territorio.
“L’illecito profitto", si trova scritto sugli atti del processo, “consisteva, per la società beneficiaria, nell’ammontare dell’Iva a credito e, per gli imputati, nella percentuale di guadagno quantificabile in circa il 6/7% dell’importo della fattura finale”. Percentuale che saliva fino al 10% sulla base di una non meglio precisata ma assai chiara “Legge dei cutresi fatturisti” di cui parlano nelle intercettazioni telefoniche due dei condannati.
La cosca Farao/Marincola originaria di Cirò (Crotone) - riporta sempre il 'Fatto Quotidiano' - era arrivata ai ferri corti con i propri vicini per il controllo del territorio in Emilia-Romagna e in Toscana.
Alcune intercettazioni di Giuseppe Grande Sarcone hanno fatto intendere le loro intenzioni: “Adesso gli misuriamo la febbre...Perché in Toscana comandiamo noi. O si fanno da parte o gli buttiamo una bomba. Vengo con la pistola, col rischio che mi incarcerano, per non avere niente? Glieli tolgo anche dalle mutande i soldi. Glieli faccio uscire dal buco del c...”

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