Emendamenti presentati dal senatore di Fratelli d'Italia Gianni Berrino. Scoppia la protesta
Fanno discutere gli emendamenti presentati in commissione Giustizia al Senato dal relatore del disegno di legge sulla diffamazione, Gianni Berrino di Fratelli d'Italia, che non escludono la pena del carcere per i giornalisti.
Una mossa, quella del rappresentante del partito della Premier Giorgia Meloni, che manifesta un ennesimo attacco alla libertà di stampa, nonché uno schiaffo alle considerazioni della Corte Costituzionale che già in passato aveva evidenziato le criticità di tale legge.
Gli emendamenti presentati dal senatore di FdI Gianni Berrino, capogruppo in Commissione, hanno scatenato reazioni critiche da parte di M5S, PD, della Federazione nazionale della stampa e dell'Ordine dei giornalisti.
In particolare si introduce un nuovo articolo: il 13-bis alla legge sulla stampa. "Chiunque, con condotte reiterate e coordinate, preordinate ad arrecare un grave pregiudizio all'altrui reputazione, attribuisce a taluno con il mezzo della stampa" fatti "che sa essere anche in parte falsi è punito con il carcere da 1 a 3 anni e con la multa da 50mila a 120mila euro. Se si sa che l'offeso è innocente la pena aumenta da un terzo alla metà, cioè fino a 4 anni e mezzo di carcere.
L'art. 13 della legge sulla stampa (la n. 47 del 1948) era stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale (con la sentenza n.150 del 2021) proprio perché prevedeva pene detentive, in contrasto con la giurisprudenza della CEDU che nel caso Sallusti ha condannato l'Italia perché per Sallusti era stata prevista una pena detentiva (peraltro poi commutata dall'allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano). Bene, con uno degli emendamenti del relatore (1.114), da una parte, si sostituisce l'art.13 con una nuova disposizione che prevede solo pene pecuniarie, peraltro molto più alte del testo base del disegno di legge ora all'esame della Commissione Giustizia del Senato. Viceversa, un'altra parte dell'emendamento (la lett.c cioè il comma 2-bis) prevede la pena detentiva.
Gianni Berrino
Nel primo periodo, si prevede il carcere solo come alternativa alla sanzione pecuniaria, cosa che non è in contrasto con la sentenza della Consulta di cui abbiamo appena detto, anche se la Corte aveva spiegato che il giudice può decidere di irrogare la pena detentiva "solo nei casi di eccezionale gravità". Nel secondo periodo della norma, invece, la pena detentiva è cumulativa con la pecuniaria. E questo aspetto sembra che invece possa entrare in contraddizione, secondo quanto si osserva nel centrosinistra, con la famosa sentenza della Corte Costituzionale che si era espressa contro il carcere per i cronisti.
Le reazioni al disegno di legge sono state forti, con rappresentanti politici e del mondo giornalistico che esprimono preoccupazione per il futuro della libertà di informazione in Italia. L'Ordine dei giornalisti ha condannato fermamente l'intenzione di mantenere la pena detentiva per la diffamazione a mezzo stampa, richiamando l'invito della Corte Costituzionale al Parlamento di rimuovere tale disposizione.
"Gli emendamenti presentati in commissione Giustizia dal senatore di FdI Gianni Berrino al ddl Diffamazione dimostrano che qualcuno non ha capito molto delle sentenze della Corte costituzionale in materia. Il carcere per i giornalisti è un provvedimento incivile e denota la paura di questo governo nei confronti della libertà di stampa. Questa è l'orbanizzazione del Paese" ha affermato Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi. "Parlare di carcere in caso di quella che viene considerata 'diffamazione grave' - ha aggiunto - significa voler mettere il silenziatore a molte inchieste giornalistiche. Appare, inoltre, del tutto pretestuosa e funzionale a un disegno liberticida la confusione tra fake news e diffamazione a mezzo stampa. Con queste norme faremo un altro salto indietro nelle classifiche internazionali sulla libertà di informazione. L'auspicio è che in Parlamento anche pezzi della maggioranza sappiano reagire di fronte a questo ennesimo sfregio all'articolo 21 della Costituzione".
Anche all'interno della maggioranza di governo ci sono voci critiche, seppur timide, riguardo a questi emendamenti. Alcuni esponenti politici hanno sottolineato l'importanza della rettifica e della corretta informazione, senza la necessità del carcere per i giornalisti.
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