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È stata eseguita una vasta operazione antidroga del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile di Bologna, coordinata dalla Dda di Bologna con il Pm Roberto Ceroni, che coinvolge un sodalizio albanese specializzato nella importazione di notevoli quantitativi di cocaina dalla Germania. Tredici i provvedimenti restrittivi eseguiti e ventidue complessivamente le persone indagate.





Arresti eseguiti anche in Albania ed in Germania. Nel corso delle indagini effettuate in collaborazione con il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia e l'Ufficio dell'Esperto per la Sicurezza a Tirana della Direzione Centrale della Polizia Criminale, il Dipartimento della Polizia Criminale (Direzione Investigativa Co e Fast Albania) e l'Ufficio Centrale Nazionale Interpol di Tirana della Polizia di Stato albanese, è stato accertato che i corrieri albanesi, per conto dell'organizzazione, smistavano su tutto il territorio nazionale, settimanalmente, svariati chili di cocaina a numerosi acquirenti, loro connazionali.





L'organizzazione albanese era, inoltre, in grado di rifornirsi di notevoli quantitativi di marijuana. Sono stati monitorati numerosi viaggi dei corrieri albanesi dalla Germania sino in Italia. Alcuni arresti, con il coordinamento della Direzione Centrale Polizia Criminale e della Direzione Centrale Servizi Antidroga, sono stati operati anche in Albania e Germania, con la collaborazione delle rispettive Polizie. Nel corso delle indagini complessivamente si è proceduto al sequestro complessivo di 26,5 kg di cocaina, di 11 kg di marijuana e sono state arrestate in flagranza di reato 5 persone.
"Questa indagine dimostra la notevole capacità economica delle organizzazioni criminali albanesi, che nel traffico di stupefacenti non hanno nulla da invidiare alle mafie tradizionali" ha detto il dirigente della squadra Mobile di Bologna, Roberto Pititto. Una figura di spicco dell'organizzazione, sempre albanese, era conosciuto come 'il Milanese': dal capoluogo lombardo l'uomo teneva i contatti con la Germania ed era anche in possesso di un finto pass giornalistico, rilasciato da una società belga. Questo pass gli aveva permesso, anche durante la pandemia, di viaggiare fino in Equador simulando un'inchiesta giornalistica ma in realtà per cercare accordi per l'importazione dello stupefacente.

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