di Francesco Ferrigno
Pronti a difendere il “proprio” territorio con armi da guerra e per punire chi si metteva contro di loro, importavano droga dal Sudamerica tramite narcotrafficanti che alla stessa cosca che rifornivano dovevano pagare 10mila euro al mese per poter vendere la droga anche ad altre organizzazioni criminali. Sono questi alcuni dei retroscena dell’inchiesta che ha portato poche ore fa all’arresto di 40 affiliati al clan Lo Russo, i cosiddetti “capitoni”, che controllano l’area di Miano, quartiere della periferia nord di Napoli.
Carabinieri della compagnia di Napoli Vomero e squadra mobile partenopea hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) del capoluogo campano nei confronti di 40 persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini della cessione di sostanza stupefacente, detenzione e porto illegale di arma comune da sparo, ricettazione, con l’aggravante del metodo mafioso.
Il quadro è stato ricostruito da indagini di forze dell’ordine ed Antimafia e dalle dichiarazioni dei pentiti “eccellenti” dello stesso clan Lo Russo, ovvero Mario Lo Russo, Carlo Lo Russo, Antonio Lo Russo ed il suo braccio destro Claudio Esposito, nonché di altri collaboratori di giustizia come Ciro Ferrara ed Antonio De Simini inseriti nel tessuto criminale delle zone in cui opera la cosca dei capitoni. Un clan prevalentemente dedito ai traffici di droga.
Carabinieri e polizia sono riusciti a risalire l’intera filiera, dai narcos che hanno agito sfruttando i canali di fornitura estera fino agli spacciatori che si sono occupati della distribuzione al dettaglio nelle piazze di spaccio di cocaina, eroina, marijuana ed hashish. Un dettaglio da tenere in considerazione è il fatto che i trafficanti non solo rifornivano le zone dei Lo Russo, ma questi ultimi pretendevano una tangente mensile da 10mila euro dagli stessi narcos per perdere “l’esclusiva”. In questo modo i narcotrafficanti potevano vendere la droga anche ad altri clan e gruppi di Napoli e del Vesuviano.
Tra gli arrestati anche Damiano Pecorelli e Salvatore Angelo Miraglia, legato da vincoli di parentela ai Lo Russo, trafficanti di grande spessore con importanti contatti in Sudamerica. Indagato anche Ettore Bosti, nipote del boss del clan Contini Patrizio Bosti, che avrebbe rifornito Carlo Lo Russo di grossi quantità di sostanza stupefacente poi venduta nelle piazze di spaccio del clan.
Il clan Lo Russo, nonostante la collaborazione con la giustizia di numerosi elementi di vertice, era ancora molto potente dal punto di vista militare. Per alcuni degli arrestati è stata accertata la partecipazione ad azioni di fuoco per il controllo o il predominio sul territorio, la custodia e la cura delle armi del clan.
Nel corso delle indagini è anche stato rinvenuto un arsenale pronto all’uso che era stato messo a disposizione degli affiliati nascondendolo, ma a portata di mano, nel vano ascensore di uno degli edifici di via Janfolla, nel cuore del rione Miano. In un borsone si trovavano armi oliate ed efficienti e circa 1000 munizioni. “In un borsone - hanno fatto sapere carabinieri e Questura - furono rinvenute armi, un deposito di armi in piena regola pronto ad armare un commando per azioni di fuoco degne di scenari di guerra composto da un kalashnikov, un fucile a pompa, 3 fucili a canne mozze e un sovrapposto, una calibro 45 e una colt mk4, 2 revolver calibro 38 e due pistole semiautomatiche, 3 giubbotti antiproiettile, 2 caschi integrali e passamontagna. L’occorrente per armarsi, rendersi irriconoscibili o proteggersi durante i giri contro eventuali ‘sconfinamenti’ o per intimidire o punire chi contravveniva alle regole del clan”.
Narcotraffico e armi da guerra, a Napoli è scacco al clan Lo Russo: 40 arresti
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