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blitz ps amato paganodi Francesco Ferrigno
Omicidi, tentati omicidi e lupare bianche: squadra mobile e Dda hanno ricostruito parte della faida interna al clan camorristico Amato-Pagano che nel 2014 insanguinò le strade di Napoli. Sette gli indagati destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip su richiesta dell’Antimafia. In manette sono finiti: Dario Amirante di 28 anni; Emanuele De Stefano di 28 anni; Angelo Antonio Gambino di 23 anni; Renato Napoleone di 34 anni; Roberto Rosica di 24 anni; Francesco Paolo Russo di 27 anni; Francesco Tubelli di 50 anni. Tutti sono accusati a vario titolo di avere deciso, organizzato ed eseguito l’omicidio di Andrea Castello e il tentato omicidio di Castrese Ruggiero il 14 marzo 2014 nonché l’omicidio di lupara bianca di Antonio Ruggiero, scomparso il 13 marzo 2014.

L’inchiesta è stata portata avanti grazie a indagini tecniche, a intercettazioni ambientali (con la descrizione “in diretta” dell’omicidio di Castello e della scomparsa di Ruggiero) e a numerose dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia.

Tutti gli episodi si inseriscono nella faida interna per la riorganizzazione della cosca degli Amato-Pagano, i cosiddetti Scissionisti un tempo fedeli ai Di Lauro di Scampia e Secondigliano. La faida scoppiò subito dopo l’arresto del giovane boss Mariano Riccio, avvenuto il 4 febbraio 2014. Riccio aveva assunto il potere a seguito dell’incarcerazione dei fondatori del clan Cesare Pagano e Raffaele Amato. Il ras aveva affrontato la faida del 2012 al termine della quale era stato costretto a cedere agli alleati della Vinella Grassi il controllo degli affari illeciti di Scampia e di Secondigliano, provocando un forte malcontento all’interno della propria organizzazione.

Una legittimazione del potere difficile per Riccio, genero del superboss Cesare Pagano, che fece assumere ruoli di sempre maggiore importanza ai suoi fedelissimi, i cosiddetti “maranesi”, a scapito della vecchia guardia, ovvero i “melitesi”. Questi ultimi covarono rivincita e mire di riconquista di posizioni di vertice, decidendo per l’epurazione dei maranesi e per l’uccisione dei fedelissimi di Riccio. Una vera e propria caccia all’uomo a Napoli e nell’area a nord del capoluogo, a Melito e Mugnano, con incursioni armate, azioni violente anche in pieno giorno e vere e proprie trappole.

“Il movente degli omicidi – hanno spiegato i procuratori della Dda Filippo Beatrice e Nunzio Fragliasso – si inquadra nel contesto dello scontro strisciante tra le due fazioni, trasformatosi poi in faida interna, le cui ragioni di fondo sono rappresentate dalla contrapposizione tra i nuovi ed i vecchi affiliati”.

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