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Malato terminale era detenuto al 41bis a Opera, Milano

Il boss dell’Arenella Vincenzo Galatolo è morto nel carcere di Opera, a Milano, dove era rinchiuso al 41 bis. Aveva 81 anni e, pochi mesi fa, la Cassazione aveva confermato la sua condanna a trent'anni per la strage di Pizzolungo, ad Erice, nel Trapanese, dove il 2 luglio '85 la mafia tentò di assassinare il magistrato Carlo Palermo. Nell'attentato rimasero uccisi Barbara Rizzo e i suoi bimbi, Giuseppe e Salvatore Asta, che transitavano in auto nel momento dell'esplosione. Galatolo era affetto da una malattia in fase terminale ed era stato colpito da una polmonite. I suoi legali avevano chiesto la scarcerazione per ragioni di salute, ma l'istanza era stata rigettata.

Il quartier generale di Vincenzo Galatolo era dentro “Vicolo Pipitone”, divenuto noto negli anni per alcune indagini e inchieste che hanno visto la presenza, oltre che dei Galatolo e di altri esponenti di spicco di Cosa nostra, anche di agenti dei servizi segreti. Da lì sarebbe partito l’ordine per la strage di Pizzolungo come tanti altri delitti eccellenti. Quello era il luogo anche in cui si torturavano gli avversari e nessuno sapeva nulla.

Ad accusare Vincenzo Galatolo è stata la figlia “ribelle” Giovanna ed anche il pentito Francesco Onorato. Nel corso delle indagini è emerso sempre più chiaramente che la strage mafiosa di Pizzolungo non rientra esclusivamente nei “desiderata” di Cosa nostra siciliana. Dietro Pizzolungo si sono mosse trame anche estranee all’organizzazione mafiosa, come la massoneria, le cui logge spesso sono state camere di compensazione, dove i boss hanno incontrato colletti bianchi e rappresentanti delle istituzioni. La strage di Pizzolungo, come ha più volte raccontato il giornalista Rino Giacalone, “è attraversata da tantissime trame, i traffici di droga e di armi, la corruzione politica, l’attacco mosso da Cosa nostra allo Stato in quella terribile stagione degli anni ’80 fino ad arrivare alle stragi del 1992 e del 1993”.
    

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