La mafia guadagnava fino a 240 mila euro al giorno
Fiumi di droga all'ombra di Cosa Nostra catanese. Boss, manager dello spaccio e minori. Un'organizzazione perfetta che funzionava h24 e che consentiva un volume d'affari di 240 mila euro al giorno. Sono 41 gli arrestati nell'operazione scattata all'alba, coordinata dalla Dda di Catania ed eseguita da oltre duecento carabinieri del Comando provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati dell'Arma (Compagnia di Intervento Operativo del XII Reggimento "Sicilia", Squadrone Eliportato "Cacciatori" Sicilia, Nucleo Elicotteri, Nucleo Cinofili). Sono accusati a vario titolo di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare l'attività delle associazioni mafiose, nonché di acquisto e detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. Contestualmente è stata eseguita un'altra ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Gip presso il Tribunale per i minorenni di Catania, su richiesta della procura per i Minorenni, nei confronti di 5 all'epoca dei fatti minori, due dei quali collocati in comunità e tre in istituto penitenziario minorile, che sarebbero stati inseriti nello stesso contesto associativo criminale e partecipi di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio. Notificato inoltre l'avviso di conclusione indagini preliminari ad altre 20 persone. L'operazione denominata "Malerba" ha consentito di smantellare i vari gruppi criminali che gestivano numerose piazze di spaccio di sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana) nel popoloso quartiere di San Giovanni Galermo di Catania, le quali costituiscono la principale fonte di guadagno per la criminalità organizzata radicata sul territorio.
Cosa Nostra guida le piazze di spaccio
È stato accertato come Cosa Nostra catanese, nonostante le continue operazioni di polizia sul territorio, sfruttando la peculiare morfologia dell'area, caratterizzata da complessi edilizi "chiusi" non facilmente permeabili dalle forze di polizia, come via Capopassero, continuasse a controllare il territorio e a imporre ai singoli gruppi criminali regole, prezzo e quantitativo della droga da smerciare, creando un vero e proprio sistema di controllo del mercato. L'indagine si pone in continuità con la maxi operazione Scanderbeg, che nel 2020 ha visto l'arresto di 101 persone, e si sviluppa da una qualificata attività di osservazione a distanza svolta affiancata da una parallela attività tecnica di intercettazione e da numerosi riscontri oggettivi (arresti in flagranza di reato, controllo degli acquirenti, sequestri di droga, denaro e armi), permettendo in tal modo di ricostruire l'operatività delle piazze di spaccio, delineando struttura ed organigramma dei vari gruppi criminali che vi operavano, alternandosi in diversi turni orari nell'arco dell'intera giornata. Con il ruolo di coordinatore e supervisore di molte piazze di spaccio, vi sarebbe il pluripregiudicato Antonino Raimondo - responsabile della fornitura, in modo esclusivo e continuativo, della sostanza stupefacente per conto del gruppo Nizza, inserito nella famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. L'imponente traffico di stupefacenti ha dunque garantito la pacifica convivenza di organizzazioni criminali ben strutturate, che avevano stipulato un accordo teso ad evitare la concorrenza sleale tra le piazze di spaccio e l'insorgere di possibili conflitti tra gruppi mafiosi (infatti, in base alle regole sulla 'leale concorrenza' di mercato imposte dai clan, i pusher su strada non possono chiamare gli automobilisti/acquirenti che giungono lungo la via, che possono autonomamente scegliere la piazza di spaccio cui rivolgersi).
Proventi fino a 240 mila euro al giorno
Alcune piazze di spaccio consentivano a circa 2.500 clienti giornalieri di acquistare a qualsiasi ora la loro dose quotidiana di marijuana, cocaina o crack, incrementando con proventi di tutte le piazze di spaccio il volume d'affari della criminalità organizzata, per circa 240 mila euro al giorno, prevalentemente destinati al sostentamento degli associati e al mantenimento dei detenuti mafiosi e delle loro famiglie. La piazza di spaccio veniva gestita da un responsabile (il 'capo piazza'), al quale il coordinatore delle piazze (Antonio Raimondo) avrebbe assegnato una determinata fascia oraria nella quale organizzare la vendita di stupefacente (marijuana, cocaina e crack). Nell'ambito di tali turni predefiniti il responsabile di ciascuna piazza individuava gli addetti alle cessioni (pusher) che, coadiuvati dai corrieri responsabili del trasporto dello stupefacente dal luogo di stoccaggio al luogo di vendita, dagli addetti alla custodia delle sostanze stupefacenti (che avveniva in abitazioni limitrofe o altri luoghi) e dalle vedette che li avvisavano tempestivamente per consentire loro una fuga immediata, ponevano in essere innumerevoli cessioni di stupefacenti, nell'ordine delle centinaia per ogni turno. La fitta rete di vedette radiocollegate - sia quelle statiche posizionate all'interno di abitazioni private o sulle terrazze dei palazzi, sia quelle dinamiche operanti su strada a bordo di motocicli messi a disposizione dalle organizzazioni e preposte al controllo delle vie di accesso carrabili e pedonali - garantiva un servizio a favore dell'intera collettività criminale del quartiere, retribuito dai responsabili di tutte le piazze di spaccio. L'indagine ha inoltre consentito di accertare la disponibilità e l'utilizzo, da parte di alcuni di armi da fuoco all'interno delle piazze di spaccio come testimonia il sequestro del 24 marzo 2022 di una pistola semi-automatica marca cal.380 con matricola abrasa, ed il rinvenimento nella stessa circostanza di una pistola semiautomatica cal.7.65 carica e pronta all'uso.