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La procura generale di Palermo ha chiesto la condanna a 10 anni e 8 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni dell'imprenditore trapanese Vito Nicastri, ritenuto tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro, e 12 anni per Leone Melchiorre accusato di estorsione aggravata. Soprannominato il re dell'eolico per i suoi investimenti nelle energie rinnovabili, Nicastri era stato condannato dal Gup, in abbreviato, a 9 anni di carcere al termine di una inchiesta coordinata dal pm della Dda Gianluca De Leo. La sentenza venne ribaltata in appello e l'imprenditore fu assolto dall'accusa di concorso esterno e condannato solo per l'intestazione fittizia a 4 anni e 3 mesi. La Cassazione, però, annullò con rinvio la sentenza e dispose il nuovo processo di appello che è in corso. Il nome di Nicastri emerse anche nell'ambito di una inchiesta che ha coinvolto il suo socio, il faccendiere ex consulente della Lega, Francesco Paolo Arata, indagato per corruzione. L'indagine, coordinata dalla Dda di Palermo, svelò un giro di mazzette alla Regione siciliana finalizzate ad agevolazioni nelle pratiche relative agli investimenti nelle energie rinnovabili. Per questo procedimento Nicastri ha patteggiato una condanna a 2 anni e 8 mesi, mentre Arata è ancora sotto processo.

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