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confisca-mafia-webConvegno a Cinisi
di Salvo Vitale - 30 aprile 2012

Sabato 28-4, nella casa che fu del boss Tano Badalamenti, è stato organizzato dall’Associazione Peppino Impastato e dalla Consulta giovanile di Cinisi un convegno sui beni confiscati alle mafie come patrimonio delle comunità”, che i giovani della Consulta hanno voluto per conoscere l’entità dei beni sul loro territorio e i progetti per un loro utilizzo.

Il convegno ha assunto un particolare significato perché si è svolto proprio all’interno di un bene confiscato alla mafia. In apertura Vito Manzella, per la Consulta, ha parlato delle grandi opportunità, sia di lavoro che di aggregazione che si offrono nei vari territori, soprattutto ai giovani, con l’utilizzo dei beni confiscati. Salvo Vitale ha fatto notare la peculiarità di un affidamento dell’abitazione dell’assassino fatto ai familiari e ai compagni della vittima ed ha fatto un chiaro riferimento a Pio La Torre, di cui, il 30 aprile ricorre l’anniversario del barbaro assassinio e di quello del suo autista Rosario Di Salvo. L’approvazione della legge Rognoni La Torre, che introduce il reato di associazione mafiosa e prevede, per la prima volta la confisca dei beni di proprietà dei mafiosi, ha richiesto, oltre al sacrificio di La Torre anche quello di Carlo Alberto Dalla Chiesa: infatti la legge è stata approvata solo dopo la morte di quest’ultimo . Vitale ha anche accennato alla normativa che prevede tempi di affidamento lunghissimi, intorno ai dieci anni: nel caso della casa di don Tano ci sono voluti 23 anni. Il sindaco di Cinisi ha detto che, per quanto riguarda la casa del boss è stato presentato un progetto con la richiesta di fondi del PON sicurezza: il finanziamento dovrebbe arrivare entro la fine di maggio; ha fatto poi una rassegna dei beni confiscati e di quanto fatto per predisporne l’affidamento, con particolare riferimento a tre villette confiscate al mafioso Piazza, in contrada Torre dell’Ursa e affidate, per concorso, alla cooperativa partinicese “Liberamente”, la quale ha presentato un ambizioso progetto per un centro di assistenza ai disabili e di recupero dalle tossicodipendenze. Finalità e caratteristiche del progetto sono state poi illustrate, in chiusura, in un intervento della dott.ssa Elena Ciravolo, a nome della citata cooperativa. Una rassegna dei beni confiscati a Terrasini e di un loro riutilizzo sinora parziale è stata fatta dal sindaco di Terrasini Massimo Cucinella, il quale ha prospettato la difficoltà di avere finanziamenti, e la prescrizione dell’utilizzo come bene per servizi pubblici o per attività sociali, nel senso che si tratta di un bene che ritorna all’uso dei cittadini, i quali ne sono gli autentici affidatari: ha accennato alla mancata realizzazione dell’intero progetto di recupero delle Cave confiscate ai mafiosi D’Anna, per le quali si prevede una prossima riapertura come discarica di sfabbricidi. Lucio Guarino ha parlato della sua esperienza nel consorzio Sviluppo e Legalità, che al momento comprende sei comuni, tra cui Corleone e San Giuseppe Jato: proprio in questi due comuni si sono realizzate le esperienze più eclatanti di beni che, da terreni incolti, sono stati trasformati in zone che danno lavoro ai giovani del posto, che producono e realizzano i prodotti di Libera, ormai presenti nelle coop; ha parlato anche delle novità che hanno integrato la legge, ma che non sono riuscite a sanarne alcune lacune. Fra l’altro, con i finanziamenti del PON sicurezza è stata riattivata e diventerà operativa a breve la cantina Kaggio, che fu di Totò Riina e la Casa della Legalità, a Corleone, che fu di Bernardo Provenzano. Ugualmente interessante la testimonianza di Calogero Parisi, presidente della cooperativa “Lavoro e non solo” che gestisce diversi terreni di proprietà di Totò Riina o di parenti di Bernardo Provenzano, dove d’estate vanno a lavorare volontariamente migliaia di giovani provenienti in gran parte dalla Toscana. L’iniziativa del convegno si inserisce nel contesto delle attività preparatorie nella prospettiva del prossimo 9 maggio, anniversario della morte di Peppino Impastato, ed è significativa nell’ambito di un rapporto con il territorio, tra le associazioni locali e le associazioni che gestiscono l’ex casa di don Tano, per la quale l’Associazione Impastato ha avanzato la proposta di chiamarla Casa 9 maggio, con la considerazione che, nel parlare di questa casa, ripetere in continuazione il nome di un assassino, è un modo di richiamarlo costantemente alla memoria, quando invece sarebbe opportuno seppellire definitivamente il ricordo di questo delinquente. 

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