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pellegrino-bartolo-webdi Rino Giacalone - 6 aprile 2012
L’ex vice presidente della Regione Sicilia Bartolo Pellegrino torna davanti ai giudici. Si tratta dei giudici della Cassazione. In primo e in secondo grado, a Trapani e a Palermo, è stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ed ha avuto dichiarato prescritto il reato di corruzione.

In buona sostanza i giudici hanno riconosciuto che lui una mazzetta in tasca l’ha messa (il procedimento riguarda i favoritismi concessi per la costruzione di 600 alloggi in cooperativa a Trapani) e però essendo un episodio lontano nel tempo (meno di sei anni rispetto al processo di primo grado) non può essere inflitta una condanna, il reato è stato commesso ma non è più punibile. E non si tratta di un modo veloce seguito dai giudici per liberarsi del caso: tutt’altro, perché nello stesso processo i giudici hanno condannato i corruttori, che hanno avuta inflitta una pena, al contrario dell’on. Bartolo Pellegrino, cioè coloro i quali hanno passato la mazzetta al politico, si tratta del capo mafia di Trapani Francesco Pace e dell’ing. Leonardo Barbara un tecnico specializzato in progetti per case in cooperativa e che però frequentava con massima consapevolezza le case dei mafiosi. Loro a differenza dell’on. Pellegrino sono stati condannati perché hanno avuta contestata l’aggravante mafiosa, hanno corrotto volendo favorire l’associazione Cosa nostra. L’on. Bartolo Pellegrino secondo i giudici questa consapevolezza non l’aveva e quindi gli è stata revocata l’aggravante del favoreggiamento all’associazione mafiosa. Ma questo i giudici lo hanno fatto con un ragionamento particolare, in sostanza hanno descritto la figura del politico, anche riferendosi ad una serie di “malefatte” e “comportamenti” poco etici e morali, quasi a volere dire che lui comunque indipendentemente dal fatto di avere consapevolezza dell’intervento mafioso, si sarebbe fatto corrompere.
Per l’ultimo grado di giudizio, davanti alla Cassazione, l’udienza è fissata per il prossimo 27 aprile. Secondo la Dda di Palermo che si è appellata facendo ricorso alla massima corte, l’on. Pellegrino avrebbe avuto invece piena consapevolezza, quando accettò i soldi della corruzione, 1 milione (di lire) ad appartamento, che stava favorendo la mafia.

La spartizione di quei soldi gli investigatori della Polizia che fecero le indagini, addirittura la intercettarono: “Bice, tutto quello che dici tu, io l’importante che parlo chiaro con le imprese, gli dico: picciotti un milione per Bartolo, perchè poi io lo so che c’è un milione per Bartolo un milione per Peppe, un milione per Ciccio”.
A parlare è un imprenditore, Nino Birrittella che nel 2005 verrà arrestato per mafia e deciderà poi di collaborare con la giustizia. Lui ha confermato che quel dialogo fu a casa dell’arch. Vito Augugliaro (da poco deceduto, che fu indagato per mafia) presente la moglie di questi, Bice Ruggirello, all’epoca nell’entourage dell’on. Pellegrino, e che quei soldi servivano a fare passare alla Regione la delibera di variazione di destinazione d’uso dei terreni dove costruire le case, si trattava infatti di terreni agricoli
   
Il processo ha evidenziato: “Pellegrino era fortemente contrariato nei confronti dei  rappresentanti delle cooperative edilizie che si raccoglievano attorno a Giuseppe Todaro poiché, in occasione delle precedenti realizzazioni edilizie del 1997-98, non erano stati rispettati accordi precedentemente raggiunti (sulla cui natura economica molte delle fonti si soffermano, senza però fornire notizie di prima mano). Sta di fatto che Pellegrino risulta irremovibile, senza adeguate “garanzie” (che, come ampiamente dimostrato in sentenza, si riferivano alla dazione delle somme di denaro nella misura di 500 euro ad appartamento realizzato) non avrebbe  prestato il proprio consenso”. Passaggio che trova riferimento in una intercettazione. Barbara: “… picchì VARTULU VUOLE GARANZIA ed io cosa… ORA NÉ IO NÉ PEPPE TODARO CI PUTEMU DARI GARANZIA A VARTULU PELLEGRINO, picchì Vartulu se… nel momento in cui… già iddu avi u dente avvelenato ppi cooperative chi foro fatti ca ‘n Trapani, picchì dici: tanno io mi interessai, non c’è stato nessuno chi vinni: Vartulu eeeh, per dire… non, non  parliamo ne di soldi ne di niente, però quanto meno dargli un riconoscimento, oh, a Vartulu ufficiale. Quindi iddu…  e questo l’ha detto più di una volta lui, in diverse occasioni che sono stato io con Peppe Todaro a parlare cu iddu. E quindi diciamo non… Vartulu  i garanzie chi ci posso dare io, e i garanzie chi ci può dare Peppe non si ni fa nente, va parliamoci chiaro, è inutile chi ni ammucciamo. Il discorso è questo, INVECE SE TU TI PIGGHI IN MANO A SITUAZIONE, ci dici: Peppe niatri emu a fari quattrocento cinquanta appartamenti, lassamu iri tutti cosi, u terreno è chissu di ddocu? Contrattamuli! Mi ci metto pure io nu mezzo per dire… ma non come… o per scavalcare o per superare, Nino, niatri non è chi u problema chi, chi fussi chissu. U problema è chi niatri si n’avissimu a ghiri a travaghiari ppi fari….Ci a chiedere una cosa…  per cui diciamo io in questa situazione, il discorso, visto che c’è Bartolo, visto che ci sono tutte cose, u problema chistu è, picchì molto probabilmente si… ti ripeto, Bartolo in buoni rapporti, tutte buone cose che possiamo avere, MA SE MI CI VA ASSETTU IO, IO E PEPPE TODARO NON CONCLUDIAMO NIENTE CU VARTULU, PICCHÌ VARTULU  MI DICI: VA BÈ, MA VIAUTRI CU SITI, CHI GARANZIE MI RATE, A MIA UN DOMANI, QUALCHE COSA? Io chi ci possu diri Nino, io sugnu chiddu… cioè cca il problema è!”.
A muoversi per dare le benedette garazie è tale Nino, che nelle intercettazioni parla e viene chiamato in causa, si tratta dell’imprenditore Nino Birrittella, ex patron del Trapani calcio, è lui che prende in mano ogni cosa, è lui che anni dopo confermerà lo scenario di corruzione, quando decise di collaborare con la magistratura, attirandosi addosso ogni genere di ira, perché a Trapani fin quando non si collabora con la giustizia si è galantuomini, non lo si è più quando si decide di abbandonare il malaffare…e la mafia:  “Si, ma niatri n’ama assittari un minuto tutti dui.” Dice Birrittella a Barbara. “Quannu tu hai mezza jurnata… ppi mia puru ora, ni assittamo, chiariamo tutte e due, e io mi cuminciu a moviri, chiaremo i discursi” …..”. Barbara: “NINO, NON È CHE CI LI POSSU DARI IO, GARANZIE PER DIRE DI COSA. Niatri ci putemu impegnari a dire: si, va bene, uh, putemu fari na sta manera, putemu fare na dda manera, ni runa qualcuno lo possiamo inserire, tutta una serie di cose che, chi putemu viriri.” Da notare: Barbara, che è in stretti rapporti con Pellegrino, non si mostra in grado di fornire alcuna garanzia al politico, cosa che invece può fare solo Birrittella: “..questo è il discorso. per cui, ti ripeto, io non è che... è una cosa, ti potrei dire: minchia, io lo conosco, ci parlo io, un ci parlo io. No, non è così la cosa. Io lo conosco, siamo in buoni rapporti cu Bartolo, siamo in tutte cose, però non sono nelle condizioni attualmente di garantire che a Bartolo…di dire: Bartolo impegnati in questa cosa perché poi  hai il riscontro politico, hai un riscontro di tutte cose”. Perché Birrittella può dare garanzie all’on. Pellegrino? Solo perché questi conosce la qualifica mafiosa dell’imprenditore, e a Birrittella il giorno in cui sarebbe avvenuto un passaggio di denaro, all’interno di un bar cittadino, Pellegrino avrebbe detto, “io voglio avere a che fare con una sola persona”.

In attesa della pronuncia della Cassazione, l’ex vice presidente della Regione è oggi in campagna elettorale, ha presentato una sua lista, “I riformisti”, e sostiene a Trapani il candidato sindaco del Grande Sud, Peppone Maurici, quest’ultimo anche uno di quelli che in città parlava con i mafiosi senza sapere che lo fossero, proprio come ha detto di fare l’on. Pellegrino, che anche lontano da Trapani aveva la sfortuna di incappare sempre nei colloqui sbagliati come quando parlando con alcuni mafiosi ( a sua insaputa) di Monreale li invitava a stare attenti “agli sbirri”.

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