di Silvia Cordella - 20 marzo 2012
Le condizioni di salute dell’ex manager di Bagheria Michele Aiello sarebbero peggiorate e quindi risulterebbero incompatibili con la sua detenzione in carcere. Così il giudice di Sorveglianza di Sulmona accogliendo l’istanza dell’avv. Monaco, legale dell’imprenditore, ha deciso per il detenuto (che avrebbe già fatto rientro da quindi giorni nella sua villa di Bagheria) il differimento della pena per il periodo di un anno.
Arrestato il 5 novembre del 2003 nell’ambito dell’inchiesta sulle Talpe, Aiello era riuscito ad ottenere già una volta i domiciliari a causa del suo “favismo”. A gennaio 2011 con la sentenza resa definitiva dai giudici di Cassazione era rientrato nel penitenziario di massima sicurezza di Sulmona per scontare la sua condanna a 15 anni e mezzo per associazione mafiosa. Secondo i giudici l’ex manager di Bagheria era il braccio economico di Provenzano il quale aveva investito denaro nella sua clinica oncologica privata “Villa Santa Teresa”, poi confiscata, e oggi sede del dipartimento dell’istituto ortopedico Rizzoli di Bologna secondo un protocollo d’intesa siglato fra la Regione Sicilia ed Emilia Romagna. Ad Aiello, cerniera dei rapporti fra mafia e politica regionale, era stato confiscato definitivamente un patrimonio da 80 milioni di euro. La sua fortuna economica in larga parte la doveva all’aiuto dell’ex Presidente della Regione Salvatore Cuffaro e ad alcuni funzionari dell’Asl 6, grazie ai quali avrebbe intascato milioni di euro attraverso la truffa dei rimborsi gonfiati sulle terapie oncologiche retribuite dalla Regione alla sua clinica. Inoltre l’ex Ingegnere aveva costituito una rete di protezione intorno a sé costituita oltre che da Cuffaro anche dall’ex maresciallo della Guardia di Finanza Giuseppe Ciuro (condannato per favoreggiamento semplice) e dal maresciallo del Ros Giorgio Riolo (condannato per concorso esterno in associazione mafiosa) i quali gli fornivano notizie segrete sulle indagini che la Procura stava effettuando nei suoi confronti per i suoi rapporti con la famiglia mafiosa di Bagheria. Inchiesta che aveva preso il via dalle dichiarazioni del pentito Antonino Giuffrè, ex braccio destro di Provenzano.