Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

toga-webdi Maria Loi - 16 marzo 2012
Palermo. La procura ha chiuso formalmente l’indagine e si sta apprestando a chiedere un processo per il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca. L’accusa contestata dai pm Francesco Del Bene, Roberta Buzzolani  e Lia Sava è  tentata estorsione e potrebbe far scattare la sospensione se non addirittura la revoca del programma di protezione. Secondo l’accusa Brusca avrebbe inviato al cugino Giuseppe una serie di lettere in cui lo invitava a riscuotere il compenso della vendita di due appartamenti che il pentito aveva in comproprietà con l’imprenditore di San Giuseppe Jato Santo Sottile (suo ex prestanome).

“Non pensavo - scriveva Brusca nella lettera intercettata dai Carabinieri - di essere ripagato in questo modo e la cosa mi fa molto male, mi fa diventare una bestia, più di quanto non lo sia stato nel mio passato”. E poi ancora: “Sono disposto ad arrivare fino in fondo, costi quel che costi, e non mi riferisco alle vie legali, tanto per essere chiari”. Le parole del boss sono chiare: “Non so se a tuo marito gli hanno messo i galloni e l´hanno fatto diventare boss o forse ne frequenta (...) e ne vuole assumere la funzione, e comunque a me di come stanno le cose non mi interessa, e neanche mi intimoriscono, neanche se diventasse il nuovo Totò u curtu, anzi, se così fosse mi fa incavolare di brutto”.
Una settimana fa sono stati restituiti alla moglie del collaboratore, Rosaria Cristiano, somme e gioielli per 180 mila euro. Secondo la procura palermitana la donna infatti non è imputabile del reato di riciclaggio come era stato ipotizzato inizialmente. I periti hanno confermato che quel denaro sarebbe “il risparmio di una vita” e risulterebbe compatibile quello che il pentito  le aveva inviato sotto il programma di protezione mentre i gioielli apparterrebbero alla donna già prima del matrimonio con il Brusca.
Il denaro era stato sequestrato il 17 settembre del 2010 dopo una perquisizione in contemporanea fra Roma, Palermo, Milano, Chieti, Rovigo e la località segreta dove si trovava la moglie dell’ex capomafia. I Carabinieri del Gruppo di Monreale stavano portando avanti le indagini sul capomafia di Altofonte Domenico Raccuglia, arrestato poi nel novembre del 2009 a Calatafimi, quando si sono imbattuti in una serie di intercettazioni  in cui sentirono parlare dei beni di Brusca e della sua famiglia, mai fino a quel momento individuati e intercettarono alcune missive nelle quali il collaboratore di giustizia parlava di beni intestati ad un prestanome.

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos