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vizzni-carlo-web0di Silvia Cordella - 15 marzo 2012
L'aula del Senato con 156 sì, 92 no e 15 astenuti ha accolto, con voto segreto, la richiesta della Giunta delle immunità di non autorizzare la magistratura di Palermo ad usare le intercettazioni telefoniche a carico del senatore del Psi Carlo Vizzini, presidente della Commissione Affari Costituzionali. 
La richiesta, come specificato nell'ordinanza del gip di Palermo, riguarda intercettazioni “coinvolgenti casualmente” il senatore e, proprio per questo Vizzini aveva chiesto di dare l'autorizzazione. 
Prima del voto segreto si erano espressi contro il parere della Giunta l'Idv e la Lega mentre si erano pronunciati a favore del no della Giunta alla magistratura il Pdl, l'Udc e Coesione nazionale. 


Vizzini, indagato per corruzione aggravata, era finito nei fascicoli della Procura a causa di intercettazioni telefoniche disposte nel 2003 nei confronti di Gianni lapis, l’ex prestanome di Vito Ciancimino, condannato definitivamente per tentata estorsione e violenza privata (l’intestazione fittizia è stata ritenuta prescritta dalla Suprema Corte di Cassazione, ndr) in relazione al tesoro dell’ex sindaco mafioso di palermo. 
 Agli atti del fascicolo dei pm vi erano 40 intercettazioni telefoniche tra lo stesso Lapis e il Senatore del Psi, derivanti da un procedimento del ’03 che vedeva tra gli altri indagati lo stesso professore di diritto tributario e Amato Antonio, indicato all’epoca quale referente per il controllo dei lavori sul territorio.
Secondo la tesi della Pubblica accusa Vizzini insieme a Saverio Romano e Salvatore Cuffaro “nello svolgimento delle loro funzioni pubbliche”, avrebbero aiutato l’azienda riconducibile a Ciancimino, mettendo a disposizione di Gianni Lapis le loro competenze istituzionali. In cambio i politici avrebbero ricevuto denaro per un ammontare complessivo di un milione e trecento mila euro prelevati dal conto svizzero “Mignon”, della filiale del Credit Lyonnais di Ginevra, dopo che erano stati accreditati 20 milioni di euro come parte del ricavato della vendita della Gas agli spagnoli della Gas Natural. In particolare il Senatore, secondo l’avvocato Giovanna Livreri, per anni legale dell’altra compagine societaria riferibile alle eredi Brancato, avrebbe ricevuto la somma più cospicua di un milione di euro come “premio” poiché da sempre Vizzini sarebbe stato il punto di riferimento per lo stesso Lapis. Denaro legittimato quindi, sempre secondo la donna, da “una presenza di Lapis e Vizzini nella società SIRCO, risalente al 1972, durata sino al 1979”. Una somma di cui aveva parlato ai magistrati anche Massimo Ciancimino collegandola a possibili investimenti del parlamentare nella società del gas e che in parte sarebbe stata consegnata proprio da lui al senatore all’Hotel Borgognoni di Roma come acconto per tranquillizzare il politico che lamentava i ritardi nei pagamenti di lapis. “Ti cercavo  - affermava insistente il senatore - perché sono un po’ nei guai, mi sono pure dovuto operare … e perché capisci che sono … dire minimi termini sarebbe … considerarmi una persona che ha risolto i problemi … e purtroppo tocco sempre male per ora, capisci, per ora sono il contrario di Re Mida, quello che tocco io diventa merda”. Nel documento inviato dal Gip al Senato inoltre vi erano elencati i contributi che Carlo Vizzini nel 2004 avrebbe fornito a Lapis in diverse occasioni. Uno riguardava l’intercessione a favore della società di elicotteri Air Panarea (di Lapis e Ciancimino, ndr) per ottenere un’autorizzazione di volo e consentire a un suo aeromobile di ospitare per 6 giorni una troupe della Rai per le riprese di una manifestazione internazionale di windsurf nel golfo di Mondello. Una licenza che in un primo momento era stata negata per inadeguate misure di sicurezza e che poi sarebbe stata concessa mediante presunte pressioni del Sen. Vizzini sul prefetto Marino. Questi, ricevute le lamentele del Senatore, anche se con titubanza avrebbe cercato di trovare un rimedio parlando con il questore di Palermo ottenendo il definitivo via libera e quindi permettendo all’impresa di beneficiare  di una parte dei due milioni di euro di finanziamenti pubblici siciliani concessi al club velistico “Albaria” in occasione della gara. Vizzini in qualità di Senatore si sarebbe anche speso nei confronti di Lapis per fargli ottenere un accreditamento presso l’ambasciata italiana a Tokio e incontrare i rappresentanti della società giapponese “Nippon Steel” per acquistare un brevetto sulle tecniche dei termovalorizzatori. “E’ possibile avere l’appoggio dell’ambasciata italiana visto che Berlusconi ha detto che è a disposizione degli imprenditori?” chiedeva Lapis a Vizzini. E ancora, “perchè i giapponesi sono molto formalisti e quindi una cosa del genere per loro fa effetto” (…) “mi servirebbe se è possibile avere l’addetto commerciale che ci accompagna e due interpreti italiano – giapponese”. Vizzini avrebbe acconsentito alle richieste di Lapis chiedendo una nota riassuntiva: “Senti tu però dovresti mandarmi una memoria … per prendere un contatto ho bisogno di sapere di che si tratta”. Lapis: “Te lo mando sempre a te o a qualcheduno?” Vizzini, “no, no direttamente a me (…) così faccio prendere contatto attraverso il ministero con l’ambasciata”. L’intermediazione avrebbe così portato gli interlocutori a percepire l’operazione di Lapis come legittimata dal Ministero degli Esteri tanto che alla fine lo stesso Lapis, intercettato, aveva esternato al suo interlocutore che l’incontro era andato a ‘gonfie vele’ perché erano stati trattati come “la più grossa impresa pubblica” italiana.
L’inchiesta nei confronti del Senatore Vizzini fondava dunque la sua solidità proprio sulle intercettazioni nei confronti di Lapis ed era nata dalle denunce di Massimo Ciancimino, il quale aveva parlato di brogliacci telefonici non approfonditi dai titolari della sua inchiesta per riciclaggio. Il quartogenito di casa Ciancimino aveva spiegato ai magistrati le dinamiche che mettevano in rilievo il ruolo dei politici a favore della Gas, società che sarebbe stata garantita da un sistema di protezione “politico – istituzionale” che le consentiva di aggiudicarsi “molte opere di metanizzazione” nell’isola, invogliando così “i politici a diventare soci di fatto dello stesso gruppo”. 
Un’inchiesta sviluppata attraverso i dialoghi intercettati che avrebbe potuto prendere velocemente quota se solo il Senato avesse dato il via libera all’uso delle intercettazioni. Proprio su questo tema si dice attonito il pm titolare del fascicolo contro il senatore Nino Di Matteo, il quale ha affermato: «Attendo di leggere il resoconto del dibattito parlamentare, ma rimango perplesso per questa decisione che non vorrei costituisse di fatto un'invasione di campo del Parlamento in una attività giudiziaria». Il magistrato che segue anche l’indagine parallela nei confronti dell'ex ministro del'agricoltura Saverio Romano, sul quale Montecitorio ha invece dato parere favorevole alla autorizzazione delle intercettazioni, andrà comunque avanti nonostante il blocco di palazzo Madama. Il significativo filone di indagine ricostruito dopo che per anni le trascrizioni telefoniche del parlamentare erano rimaste in giacenza nel buio degli archivi degli uffici giudiziari, questa volta per volontà politica, è destinato a ritornare negli scaffali impolverati della Procura.

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