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bosio-sebastiano-webSentito anche il pentito Francesco Di Carlo
di AMDuemila - 2 febbraio 2012
Palermo. Sebastiano Bosio, il primario di chirurgia vascolare del Civico di Palermo, ucciso il 6 novembre del 1981 sotto il suo studio, in via Simone Cuccia, “venne ammazzato perché non era un dottore a disposizione di Cosa nostra, non era corrotto”. Lo ha detto il pentito di mafia Francesco Onorato deponendo, in videoconferenza, al processo per l’omicidio del medico avvenuto quasi 31 anni fa a Palermo.

“Era risaputo che questo medico - racconta Onorato - non fosse a nostra disposizione, non voleva falsificare le carte per i processi, insomma non era corrotto”. Come spiega lo stesso collaboratore che apprese dell’omicidio da alcuni ‘sodali’ di Cosa nostra, come il boss “Saro Riccobono e Salvatore Micalizzi”. In particolare, gli incontri avvenivano al bar Singapore di via Lamarmora a Palermo. Su Antonino Madonia, unico imputato nel processo e ritenuto il mandante ed esecutore materiale dell'omicidio, Onorato dice: “Era una potenza in quel periodo”. Il pentito di mafia Francesco Onorato ricorda poi un incontro con Salvatore Micalizzi, avvenuto dopo l'omicidio di Sebastiano Bosio. In quella circostanza Micalizzi gli avrebbe confermato che sarebbe stato il boss Antonino Madonia, l'unico imputato nel processo, a uccidere il medico. “Micalizzi mi disse in palermitano: ‘'u dutturi si futtiu u dutturi’ (il dottore si è giocato il dottore ndr), parlando di Madonia e del medico ucciso”. Madonia veniva chiamato in Cosa nostra 'u dutturì “perché aveva studiato ed era una persona colta”. “Micalizzi me lo disse perché in quel momento stava arrivando Madonia a bordo della sua Lancia Thema”, spiega Onorato. Sarebbe stato, secondo il pentito, proprio Madonia a sparare a Bosio, ucciso sotto il suo studio. “L’omicidio di Bosio aveva fatto molto rumore - spiega ancora -non era il solito omicidio. Quindi se ne parlava”.
Nell’aula della Corte d’Assise di Palermo dove si sta celebrando il processo è stato sentito poi il collaboratore Francesco Di Carlo. Questi ha raccontato: “So che il professore Bosio si era accanito a operare un certo Pietro o Pino Fascella. Uscì una voce in Cosa nostra che il medico aveva curato questo Fascella, un mafioso della famiglia di Santa Maria di Gesù, ferito in un conflitto a fuoco dai poliziotti a Villagrazia. Venne colpito a un piede e gli fu amputato. Secondo i mafiosi non c’era bisogno di amputarglielo, il dottore lo avrebbe fatto perché era contro Cosa nostra e quindi doveva essere eliminato”. “Cosa nostra - ha proseguito - in quel periodo aveva a disposizione molti medici. Bosio era l'unico che non voleva avere niente a che fare con la mafia, per questo fu ucciso. Per esempio Michele Graviano ebbe un problema a un piede per un incidente in un cantiere. Ci voleva un medico bravo come Bosio, ma lui era inavvicinabile e Graviano fu ricoverato all'Ospizio marino”. Secondo Di Carlo, “il professore era pure restio a ospitare nell'ospedale per molto tempo i mafiosi in ospedale. L'omicidio fu deciso da Riina. Salvatore Micalizzi, sottocapo del mandamento di Partanna Mondello, mi disse che a uccidere Bosio erano stati Riina e Nino Madonia. Saro Riccobono, capo a Partanna, subì questa decisione».

L’inchiesta
Le indagini sul caso Bosio erano state archiviate negli anni '80 e riaperte tra il '95 e il '96, per essere poi di nuovo archiviate. Nel 2005 fu il pm Lia Sava a riaprirle grazie alle dichiarazioni dei pentiti Francesco Di Carlo e Francesco Marino Mannoia, che avevano indicato fra i killer alcuni dei componenti della famiglia mafiosa dei Madonia di Resuttana. Secondo la tesi dei collaboranti, Bosio, chirurgo vascolare dell'ospedale Civico, considerato inavvicinabile dai boss, sarebbe stato ucciso per avere trattato senza il dovuto rispetto alcuni mafiosi e per non avere ottenuto i risultati clinici che altri si aspettavano. Onorato nel 1996 in un interrogatorio con i Pm aveva detto di conoscere i mandanti ma non gli esecutori dell'omicidio. Nel 2006 però si ricordò che a uccidere fu Nino Madonia. “Quando uno parla è come un sacco che si svuota - ha risposto alle contestazioni dell'avvocato Marco Clementi - ma non si svuota subito”.
Nel 2006 è stata la stessa famiglia a chiedere la riapertura delle indagini sull’omicidio di Sebastiano Bosio. “Non abbiamo mai perso la speranza – ha detto Rosalba Patania la moglie del primario - anche dopo tanti anni”.
Al processo si sono costituiti parte civile, la moglie e le due figlie di Bosio, difese dall'avvocato Roberto Avellone e l’Ordine dei Medici, difeso dall’avvocato Mauro Torti.
A rappresentare l’accusa sono, il Procuratore aggiunto di Palermo Ignazio De Francisci e il pm Lia Sava. Il processo è stato rinviato al 27 febbraio prossimo.

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