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Di mattina il capitano Sinico dei carabinieri avverte Paolo Borsellino che negli ambienti carcerari “è dato per morto”. Lo ha saputo dal collega maresciallo Lombardo - di ritorno dal carcere di Fossombrone - Il magistrato però non si stupisce.
Paolo Borsellino la sera è alla Biblioteca Comunale per un incontro organizzato da Micromega dove pronuncia davanti a centinaia di cittadini, e decine di giornalisti, il suo ultimo discorso pubblico. Agnese, sua moglie lo ascolta da casa in una diretta Tv di una emittente locale.
Visibilmente stanco e commosso si scusa subito per il suo ritardo (preso dal lavoro aveva dimenticato l'appuntamento ed era tornato a casa, per uscire aveva dovuto riconvocare la scorta arrivando a dibattito iniziato).
Annuncia che non potrà dire nulla di quello che tutti si aspettano, ovvero notizie sulle indagini per la morte di Giovanni, sui suoi cosiddetti diari.
“Sono venuto soprattutto per ascoltare perché ritengo che mai come in questo momento sia necessario che io ricordi a me stesso e ricordi a voi che sono un magistrato. E poiché sono un magistrato devo essere anche cosciente che il mio primo dovere non è quello di utilizzare le mie opinioni e le mie conoscenze partecipando a convegni e dibattiti ma quello di utilizzare le mie opinioni e le mie conoscenze nel mio lavoro.
In questo momento inoltre, oltre che magistrato, io sono testimone .Sono testimone perché, avendo vissuto a lungo la mia esperienza di lavoro accanto a 
Giovanni Falcone, avendo raccolto tante sue confidenze, prima di parlare in pubblico anche delle opinioni , anche delle convinzioni che mi sono fatto raccogliendo tali confidenze, questi elementi che io porto dentro di me debbo per prima cosa assemblarli e riferirli all'autorità giudiziaria, che è l'unica in grado di valutare quanto queste cose che io so possono essere utili alla ricostruzione dell'evento che ha posto fine alla vita di Giovanni Falcone, e che soprattutto nell'immediatezza di questa tragedia, ha fatto pensare a me, e non soltanto a me, che era finita una parte della mia e della nostra vita .(...)”
Sentendo queste parole sua moglie da casa mormora preoccupata “ma cosa dice Paolo? , se fa cosi lo ammazzano”
Parla per circa 25 minuti di seguito Paolo Borsellino, sempre a braccio.
E’ lucido, consapevole di tutto ciò che sta accadendo intorno a lui, dal risveglio delle coscienze dei palermitani all’attenzione mediatica che ha su di sé.
Ha tutti gli occhi puntati addosso e allora approfitta per ricordare come il suo amico e collega Giovanni fu accusato ingiustamente di essere “scappato da Palermo” ed essere andato al Ministero di Grazia e Giustizia a Roma preso da ambizioni di carriera.
Di come nel 1988 quando si aprì la corsa alla successione di Antonino Caponnetto all'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, “Falcone concorse e qualche Giuda si impegnò subito a prenderlo in giro, ed il giorno del mio compleanno il CSM ci fece questo regalo: preferì Antonino Meli”.
E' amareggiato Paolo Borsellino ricordando quelle vicende; continua spiegando che lui ha la certezza che Giovanni sia stato ucciso in quel momento non a caso, stava infatti per essere nominato capo della neonata Direzione Nazionale Antimafia.
“Non voglio esprimere opinioni circa se si è trattato di mafia e soltanto di mafia, ma di mafia si è trattato comunque - l'organizzazione mafiosa quando ha preparato ed attuato l'attentato del 23 maggio, l'ha preparato ed attuato nel momento in cui si erano concretizzate tutte le condizioni perché Giovanni Falcone ( nonostante la violenta opposizione di buona parte del CSM ), era ormai ad un passo - secondo le notizie che conoscevo e che gli avevo comunicato dal diventare direttore nazionale antimafia (…)
Giovanni Falcone in questa sua breve, brevissima esperienza ministeriale lavorò soprattutto per potere al più presto continuare, ritornare a fare il magistrato. Ed è questo che gli è stato impedito, perché è questo che faceva paura".
Mancano 19 giorni all’attentato di via D’amelio, Paolo Borsellino vuole essere ascoltato come testimone dalla procura di Caltanissetta, titolare delle indagini sulla strage di Capaci. Ha poco tempo e deve fare presto.

Rielaborazione grafica by Paolo Bassani (Foto originale © Imagoeconomica)

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