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Sono Alessandra Rossi, volontaria dell’Associazione Falcone-Borsellino. Ieri avevamo un appuntamento speciale: un incontro con Franca Berto per capire il calvario che lei e il marito Massimo Zen, Guardia Giurata di Cittadella-Padova, stanno vivendo esattamente da giugno 2023, da quando Massimo si trova rinchiuso nel carcere di Montorio-Verona.
Franca, due occhi come il cielo che parlano di giustizia, ha iniziato col riferirci un paradosso.
Ad una Guardia Giurata armata è richiesto di garantire la sicurezza del territorio assegnatoli, ma non può sparare, se non per legittima difesa.
Da notare che Massimo, durante lo svolgimento della propria attività di Guardia Vigilata in servizio notturno, è stato ripetutamente assalito da delinquenti del momento e costretto a vivere una situazione di pericolo per la sicurezza della sua persona, in piena solitudine. 
La vicenda di Massimo ruota attorno proprio al comportamento da lui tenuto durante il servizio nella notte del 22/4/17 e di come il Tribunale si sia espresso in merito all’intervento. Per ben tre gradi di giudizio, i Giudici non hanno considerato la legittima difesa ma hanno valutato Massimo uno sceriffo spietato e pericoloso che va in giro per le strade del Veneto ad ammazzare i poveri incauti.
Franca ci riferisce che, addirittura, in un primo momento, era stato condannato per omicidio colposo a 24 anni, successivamente commutata in 9 e mezzo.
Ecco le dinamiche della vicenda.
Da anni le Forze dell’Ordine erano alla ricerca di una banda che ripuliva gli sportelli bancomat. Quella notte del 22 aprile 2017 l’attività dei malfattori era particolarmente intensa e i carabinieri erano all’inseguimento invano, perché arrivavano allo sportello bancomat sempre troppo tardi.
Massimo, anche quella sera, era in collegamento con i Carabinieri via radio privata (una forma di tutela visto che si trova sempre solo a svolgere l’attività) e si rese conto che la banda stava per raggiungere proprio il luogo in cui lui stava operando il servizio di vigilanza. Prontamente li anticipa, mettendo di traverso l’auto per sbarrare loro la strada, scende dall’auto e si accuccia fuori. Avvisa i carabinieri di aver svolto questa operazione di serramento e di facilitazione, e si mette in attesa che loro svolgano il loro intervento risolutivo.
Purtroppo ci fu una sparatoria prima dell’arrivo dei Carabinieri tra la banda e la Guardia. Massimo sostiene di aver sentito sparare, di essersi reso conto che stavano puntando su di lui per investirlo con l’auto. Dalla sua pistola partono due colpi, uno dei quali colpisce il cofano, da cui parte una scheggia metallica, la quale si impianta nel retro del collo di uno della banda, uccidendolo. Arrivano i Carabinieri e scoprono che il corpo è di Manuel Major, un pezzo importante della banda, appartenente al gruppo di Felice Maniero, boss della “Mala del Brenta”, conosciuto da tempo dalle forze dell'ordine.
La pistola della banda, a detta dei Giudici, si rivelerà una scacciacani.
Franca riferisce che finalmente in questi giorni è arrivata la tanto attesa relazione dalla Corte della Cassazione, contenente le motivazioni della condanna e sembra che non venga riportata la verità sull’accaduto e che ora si valuterà il da farsi.
Massimo, riferisce la moglie, è rimasto basito dalla lettura delle motivazioni e per come ci sia stato accanimento nei suoi confronti. Addirittura è spuntato un testimone, a suo dire inesistente, che dichiara che Massimo abbia sparato dal tetto dell’auto, quando invece egli riferisce di non essersi mai mosso dall'angolino davanti all’auto dove era accucciato. Sembrerebbe che i Giudici abbiano voluto ignorare l’appello del Capo di Stato, il quale avrebbe chiesto di considerare che, secondo lui, il dolo non c’era stato.
Poi Franca ha descritto, pianta alla mano, la cella carceraria in cui il marito è rinchiuso dal 16 giugno 2023 ma soprattutto le condizioni assai precarie in cui questi detenuti sono costretti a vivere, o meglio a sopravvivere.
Le operazioni di pulizia sono molto sommarie, le celle e i corridoi vengono allagati e lo sporco si trasferisce allegramente da un posto all’altro, senza venire rimosso.
L’assenza di ventilatori o di aria condizionata rende insopportabile la permanenza, specialmente durante i caldi torridi che abbiamo negli ultimi anni. La mancanza di tende alle finestre sarebbe necessaria per poter limitare l'entrata della luce al mattino. Le prese elettriche nelle celle di Verona non sono autorizzate.
Franca è passata alla descrizione del carrello-pasti. La colazione prevede solo liquidi: caffellatte o te.
A pranzo, primo e secondo molto “basic” e poco salutari, senza mai prevedere alcuna variazione di menù di settimana in settimana.
I giorni festivi e le domeniche sono i momenti peggiori perché il rancio passa solo a pranzo. La sera digiuno terapeutico.
Le docce sono un inferno perché al terzo piano l’acqua non arriva in quanto le tubature hanno problemi di pressione e quel poco di acqua che arriva è ormai freddo.
La situazione del carcere di Montorio è difficile anche perché la struttura è molto fatiscente. La nuova Direttrice Francesca Gioieni sembrerebbe interessata solo a fare tagli di bilancio, col risultato di rendere ancora meno dignitosa la permanenza dei detenuti.
Qualcosa un pochino si è mosso grazie alla lettera di denuncia che ANTIMAFIADuemila ha pubblicato, accendendo i fari sulla situazione di questo ed altre carceri in Veneto.
Il Garante dei detenuti Mons. Carlo Vinco, che dovrebbe fare tutelare i detenuti, sembra abbia qualcosa di meglio da fare, visto che non è assolutamente parte attiva nel sostenere i diritti di queste persone.
E’ doloroso constatare quanto i detenuti, appena entrino in carcere non siano più persone, non vengano affatto trattate come dovrebbero, cioè esseri umani che, pur avendo sbagliato, hanno comunque dei diritti e una dignità. In primis necessiterebbero di un sano percorso rieducativo, per poi rientrare nella società una volta scontata la pena. Per queste persone invece il processo non finisce con la sentenza definitiva, rimane un procedimento sempre aperto, appesantito dal disprezzo assoluto nei confronti del detenuto e dei loro familiari. Il personale carcerario, proprio coloro che dovrebbero assumere un ruolo di sostegno e di accompagnamento, spesso, non perde occasione per rendere la vita ai detenuti ancora più infernale.
Franca ha parlato di spese. Ogni detenuto costa € 150 al giorno, a carico del detenuto o familiare o Stato. Franca spende € 500 al mese perché, per rendere un po’ meno infernale la reclusione, si avvale del Market interno, dove tutto costa il doppio.
L’aspetto su cui ha insistito di più Franca, come accennato prima, è l’atteggiamento di arroganza, quasi persecutoria, con cui il personale carcerario tratta i familiari dei detenuti e i detenuti stessi. Il sadismo con cui si adoperano nel metterli a disagio, negando ai parenti l’ora di visita dopo che da settimane aspettano, rifiutando di far entrare cose portate da casa, cavillando con i pretesti più assurdi. Spesso Franca subisce rimproveri, perché si adopera per aiutare gli altri familiari che hanno meno dimestichezza di lei e si perdono nei labirinti dei regolamenti burocratici impossibili. Riferiva che il 70% dei detenuti sono stranieri, la maggior parte con difficoltà di lingua.
In conclusione, abbiamo chiesto come L’Associazione, possa essere loro di aiuto. Era molto tardi. Si vedrà di elaborare delle ipotesi prossimamente. In ogni caso, già il 28 gennaio si potrà fare qualcosa.
Davanti al carcere si terrà una manifestazione, un sit-in a cui sarà interessante aderire, anche per prendere contatti con le Associazioni promotori ed iniziare ad abbozzare eventuali attività di collaborazione.
Come gruppo ci ha scioccato constatare quanti tentativi di suicidio ci sono in carcere. Ora è facile comprenderne il motivo. La mancanza di rispetto dei fondamentali diritti umani e l’atteggiamento d’indifferenza nel considerare queste persone, diventa una vera e propria istigazione al suicido, che tanto non frega a nessuno. Un problema enorme è la mancanza d’ informazione su ciò che succede realmente dentro i luoghi di detenzione. Spesso i familiari hanno paura di parlare, per timore che i detenuti subiscano ripercussioni. Chi denuncia o alza la testa come Franca viene invitata spesso a limitarsi. Questo clima istiga all’omertà e causa il blocco delle informazioni, che rimangono tutte all’interno, blindate.
Questo sistema, potrà portare solo a condizioni di peggioramento, dove un delinquente rischia di diventare ancora più delinquente.
A noi tutti è arrivata ieri, nel nostro sentire più profondo, l’esasperazione di questi detenuti che investono tutte le proprie energie per non impazzire o non commettere gesti estremi.

Foto © Imagoeconomica

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