di AMDuemila
Nelle 19 bobine dialoghi con poliziotti e pm
Da dicembre 1993 a luglio 1994 Vincenzo Scarantino, il falso pentito che si era autoaccusato per la strage di via d'Amelio, veniva intercettato telefonicamente mentre si trovava nella località protetta di San Bartolomeo a Mare, in Liguria. Un'attività che veniva svolta dagli stessi uomini del Gruppo investigativo "Falcone e Borsellino", che al tempo indagava sulle stragi mafiose e si occupavano della gestione del pentito. Il dato è noto da tempo. Adesso però si hanno a disposizione anche i brogliacci di quelle intercettazioni. Lo scorso giugno sono stati effettuati, al Racis dei Carabinieri di Roma, degli accertamenti tecnici non ripetibili nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Messina che indaga sul depistaggio sulla strage di via d'Amelio, nel ramo che riguarda i magistrati e che vede iscritti nel registro degli indagati i pm Annamaria Palma e Carmelo Petralia, che devono rispondere di calunnia aggravata in concorso. Adesso le 19 bobine, che erano state ritrovate in un archivio del palazzo di giustizia di Caltanissetta e consegnati alla procura di Messina per essere trascritti, sono state depositare anche alla Procura di Caltanissetta che sta indagando sul depistaggio (sotto processo ci sono l'ex funzionario della squadra mobile di Palermo, il dottore Mario Bo, e due sottufficiali, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo).
Ieri l'Adnkronos, ed oggi anche La Repubblica, hanno svelato alcuni degli elementi emersi dai brogliacci (ovvero le sintesi di conversazioni dei familiari di Scarantino e dello stesso ex pentito).
Così emerge che il 22 maggio 1995, alla vigilia della sua prima deposizione al processo per la strage Borsellino, il falso pentito Vincenzo Scarantino era intenzionato a ritrattare, ancor prima della nota intervista a Mediaset avvenuta nello stesso anno. In una telefonata con la moglie, alle ore 20.27, infatti le disse: "Prepara le valigie, che ho intenzione di tornare in carcere”. Ma due giorni dopo, davanti ai giudici della corte d’assise di Caltanissetta, riferì la "solita" versione mescolata di menzogne e verità che, così come sancisce la sentenza del Borsellino quater, gli era stata suggerita da qualcuno.
Cosa, o chi, ha fatto tornare Scarantino sui suoi passi in quell'occasione? A questa domanda cercano di dare una risposta le due Procure.
Prima della deposizione il flusso di telefonate è continuo.
Il 3 maggio, alle 19.41, viene registrata la chiamata all’utenza 091210704. “Telefona all’ufficio Falcone e Borsellino - annota uno degli agenti che procedeva con il servizio di ascolto - chiede del dottor Bo, il quale non c’è. Enzo chiede spiegazioni delle domande che ha scritto in merito alla sua prossima presenza in aula”. Domande di chi? E perché?
Non è quella l'unica telefonata in quel giorno.
Alle 20.08 viene è stata registrata una telefonata al Gruppo Falcone e Borsellino, "Richiede del dottore Bo - annota il poliziotto - che non c’è. Chiede nuovamente spiegazioni sulla domanda che ha presentato inerente alla sua adesione per presentarsi al processo”.
Ma dai brogliacci emerge anche che in diverse occasioni le conversazioni non venivano registrate "per motivi tecnici".
Il 4 maggio, alle 16.43, Scarantino aveva chiamato un’utenza di Caltanissetta (0934599051) che oggi risulta inesistente. “L’utente non risponde”, scrivevano gli addetti all'ascolto.
La strage di via d'Amelio © Imagoeconomica
Diversi minuti dopo, alle 17.28, viene chiamato un numero di cellulare. E così veniva annotato che “per motivi tecnici la telefonata non è stata registrata”. Coincidenza? O c'era dell'altro? Al processo di Caltanissetta, la scorsa udienza, l'ispettore Giampiero Valenti (uno dei poliziotti che fu indagato per il depistaggio e la cui posizione è stata poi archiviata) ha rivelato per la prima volta che assieme un suo superiore, Di Ganci, si era recato presso i locali di Imperia per interrompere l'intercettazione perché Scarantino doveva parlare con i magistrati.
E più volte, facendo altri numeri di telefono per la Germania, si legge sul brogliaccio "Sbaglia numero". Anche il 5 maggio 1995 la telefonata fatta da Scarantino non viene registrata "perché finiscono i nastri per la sua lunga durata, tre ore", si legge sul brogliaccio.
L’8 maggio, alle 16.01, fu invece registrato un dialogo fra Scarantino e i pm di Caltanissetta proprio a quell'utenza a cui non rispondeva nessuno il 4 maggio. "Enzo conversa con la dottoressa Palma - annotarono i poliziotti - in merito al suo trasferimento per mercoledì a Genova, per essere sentito dalla dottoressa Sabatini, chiede se può evitare questo interrogatorio prima di essere sentito al processo. Si risentiranno”. Alle 16.27, un’altra conversazione: “La dottoressa Palma spiega ad Enzo che la dottoressa Sabatini lo deve sentire per forza mercoledì perché ha delle scadenze da rispettare. Enzo dice che va bene però ha paura ad andare a Genova. La dottoressa lo assicura che tutto verrà fatto in modo di sicurezza assoluta per la sua incolumità. Enzo dovrà telefonare alle 18 per parlare col dottor Petralia”.
Scarantino dunque aveva paura di essere in pericolo?
Certo è che in quel periodo Scarantino era particolarmente nervoso tanto da richiamare Petralia prima dell'appuntamento. E il poliziotto che si trova all'ascolto annota: "Enzo parla con il dottore Petralia, il quale gli dice di non avere problemi e che giovedì prossimo faranno una bella chiacchierata”.
Sempre il 4 maggio 1995 Scarantino, parlando con la cognata al telefono, diceva: "Non sono pentito di quello che ho fatto, anzi dovevo parlare subito dopo il mio arresto". E poco prima la moglie di Scarantino, Rosalia Basile parlava con la sorella. Proprio quest'ultima gli dice: "Se Enzo (Scarantino, ndr) torna indietro con la sua scelta è meglio per tutti". E Rosalia le risponde che quando sente parlare al telefono del marito "pensa sempre a brutte cose". Ma quando passa la cornetta al marito, Scarantino dice alla cognata di non essere affatto pentito della sua scelta. Inoltre si dice "preoccupato" per la suocera perché la madre "non la tocca nessuno".
Tra le stranezze emerse anche quella avvenuta il 26 maggio 1995 quando Scarantino tiene la cornetta alzata ma finge soltanto di parlare, come annotano gli investigatori. Perché? Il 10 giugno 1995 Scarantino chiede di parlare con l'avvocato Lucia Falzone, che però gli spiega che servono 15 giorni per potere avere un colloquio.
Tempo prima, il 23 gennaio 1995, Scarantino al telefono diceva all'avocato di sentirsi "preso in giro". "Afferma che non ce l'ha con i magistrati - come hanno annotato i poliziotti nel brogliaccio che è stato depositato alla Procura di Caltanissetta - ma con qualcuno di Palermo che lo vuole fare innervosire" e che vede "cose strane". E ancora ribadiva che lui "sa" di "parlare con sincerità".
Dossier Processo Depistaggio via d'Amelio