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Alla presentazione del libro dell’avvocato Milio le parole di Mori, De Donno, Fiandaca, Facci e il pg Jakob Tarfusser

Gli ex ufficiali dell’Arma Mario Mori e Giuseppe De Donno, il giornalista Filippo Facci e in collegamento da remoto il professore Giovanni Fiandaca, con l'aggiunta Cuno Jakob Tarfusser, sostituto procuratore generale della Corte d'Appello di Milano. Tutti insieme appassionatamente i detrattori del processo Trattativa Stato-Mafia si sono ritrovati il 12 dicembre, a Palazzo delle Stelline di Milano, in occasione della presentazione dell'ultimo libro dell'avvocato Basilio Milio.
Nei loro interventi, stavolta, sono stati messi da parte gli insulti personali e gli attacchi diretti optando invece per un approccio centrato sulla sostanza degli argomenti in discussione. Quale occasione migliore di questa poteva presentarsi per rilanciare teorie e sproloqui smentiti a più riprese anche da sentenze passate in giudicato?
Lo vogliamo ripetere ancora una volta: trattativa ci fu. Così come i morti, le bombe, i corpi dilaniati.
Ma per i giudici della Cassazione, forse in virtù di un qualche tipo di illuminazione, è lecito trattare con gli stragisti. Come era perfettamente lecito per l'ermellino Carnevale 'ammazzare' le sentenze dei processi di mafia e assolvere gli affiliati a Cosa nostra.
Certo, i relatori possono anche nascondersi dietro a ricostruzioni stravaganti e alla sentenza di terzo grado del Trattativa che ha annullato senza rinvio le assoluzioni degli alti ufficiali del Ros dei carabinieri, Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni, che in secondo grado erano stati giudicati non colpevoli perché il fatto non costituisce reato.
Ma come cronisti giudiziari "pericolosamente vicini alle fonti, che erano i pubblici ministeri", come ha sostenuto Facci, abbiamo letto centinaia di sentenze nel corso degli anni ed è impossibile per chi conosce gli atti non vedere 'l'elefante dentro la stanza' se si considera che un'altra sentenza passata in giudicato (Tagliavia, ndr) dice che la trattativa “indubbiamente ci fu e venne quantomeno inizialmente impostata su un do ut des” e addirittura che “l’iniziativa fu assunta da rappresentanti dello Stato e non dagli uomini di mafia”.


facci filippo

Filippo Facci


Si ritennero sufficientemente provati i contatti avvenuti dopo la strage di Capaci tra l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, e il Ros (la Cassazione nell’ultima sentenza ha negato questo fatto).
Una vicenda ricostruita grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giovanni Brusca ma anche degli stessi carabinieri (Mori e Giuseppe De Donno).
Altro che processo "ambiguo", come lo ha definito Mori, secondo lui connesso all'indagine sui "Sistemi criminali", "una ideazione del dottore Scarpinato".
Un concetto, questo, condiviso in pieno dal professore emerito di diritto penale Fiandaca: per lui non sono importanti i fatti o i morti provocati dalle bombe di quella scellerata Trattativa, ma andare alla "ricerca dei contenuti mentali" e dei "criteri interpretativi alla base dell'impostazione della procura". E come ha inteso farlo?
Facendo un parallelismo tra l'indagine Sistemi Criminali e quella sulla Trattativa: per Fiandaca entrambe le inchieste sarebbero state caratterizzate da un "approccio mentale che non solo oserei definire rozzo e semplificato, ma anche di tipo complottistico".
"L'indagine sui sistemi criminali era stata concepita da uno dei principali esponenti della procura di Palermo dell'epoca, Roberto Scarpinato, autore nel 2008 di un libro intervista insieme a Saverio Lodato di un libro 'il Ritorno del Principe', nel quale si tendeva a prospettare una ricostruzione della storia italiana, dall'unità di Italia a oggi, come una storia tutta basata su patti oscuri, su una collusione del potere politico, del potere politico di volta in volta dominante con i poteri criminali", ha detto.
Il famoso giurista palermitano lamenta che questi "approcci complottistici sono ravvisabili in tutta la ricostruzione della procura", aggiungendo che "del punto di vista della genesi del processo Trattativa da parte della procura di Palermo, ci sia stata alla base, innanzi tutto, un giudizio preconcetto di disapprovazione etico politico di una ipotesi di presa di contatto con i vertici mafiosi".
Il florilegio delle sue speculazioni intellettuali - di cui davvero non se ne sentiva la mancanza - continua attraverso quel virtuosismo giudiziario che da sempre fa letteralmente a pezzi la ricerca della verità.


fiandaca milio mori

Giovanni Fiandaca in collegamento durante la presentazione


Piuttosto che cercala, anche a costo di fare i conti con gli scheletri negli armadi della nostra Repubblica, è meglio imputare ai giudici la colpa di aver voluto "criminalizzare indirettamente la Trattativa in sé stessa" attraverso l'applicazione dell'articolo 338, "minaccia o attentato a corpo politico dello stato".
Fiandaca, in sostanza, parla di una sorta di pregiudizio ‘mafiocentrico’ o ‘criminocentrico’ nell’interpretare la storia politica arrivando a dire che i processi su Mori e gli altri ufficiali del Ros hanno prodotto "verità contraddittorie" (senza mai citarne alcuna) dal "punto di vista della ricostruzione storico - fattuale".
Difficile nascondere un senso di nausea di fronte all’inutilità e allo sfregio di simili disquisizioni 'in punta di diritto' mentre la storia del nostro Paese è disseminata di stragi impunite.
Le vittime delle stragi del ‘92/’93 tra cui donne e bambini?
Effetti collaterali di una strategia che prevedeva il prezzo di vite umane.


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Cuno Jakob Tarfusser


Detto questo durante l’evento è stato dato spazio anche al magistrato Tarfusser. Era tra il pubblico, ma è stato chiamato a fare un saluto. “Avete parlato di storie di mafia di cui non so nulla, io la Sicilia la conosco solo per esserci andato in ferie”, ha detto, "io non ho bisogno di conoscere gli atti del processo. E il generale sa benissimo che io sin dal primo momento ho detto che il problema del malfunzionamento della giustizia è che ci sono alcuni magistrati a piede libero. Questa è la prova".
Ma a chi si riferiva Tarfusser? Forse ai pm di Palermo, cioè la procura che per tre volte ha portato a processo gli ufficiali del Ros, tra cui Mario Mori?
Interpellato dal Fatto, ha negato: “Ma no, mi riferivo in genere al funzionamento della giustizia che spesso dipende dai magistrati. La mia era un’iperbole per dire che conosco bene Mori e sapevo benissimo che l’indagine su di lui era una bufala”.
Una presa di posizione già vista e rivista nel corso degli anni.
Ma al “valoroso” generale Mori e a chi era seduto al tavolo diciamo che con noi ci sono migliaia di lettori che sanno distinguere la menzogna dalla realtà.


mori milio

Mario Mori


Milio ha affermato di aver scritto il libro perché "fra cent'anni se qualcuno vorrà approcciarsi a queste vicende non avrebbe avuto altro materiale se non quei libri" scritti dal "Dottor Di Matteo in collaborazione con il giornalista Saverio Lodato" (riferendosi a ‘Il Patto Sporco’, ndr) e di "Travaglio sulla Trattativa". Ma poco importa se oggi si vuole parlare della Trattativa "in un'altra forma, una forma più distesa, la forma letteraria". I fatti, nudi e crudi, resteranno tali. Non sarà mai possibile esaurirli, come ha fatto la Cassazione, in appena 96 pagine di assoluzione.
Ma oltre a questo c'è chi si sta già muovendo per tentare di riscrivere la storia per mezzo di una cervellotica teoria secondo la quale Paolo Borsellino sarebbe stato ucciso per il dossier Mafia e Appalti. Su tale teorema abbiamo già ampiamente scritto in altre pubblicazioni.
La commissione parlamentare antimafia è al lavoro sul punto e nell'agenda dei lavori vi è anche l'audizione dell'ex generale Mori. Non sarà un processo, ma sarà comunque chiamato a rispondere alle domande dei commissari, rappresentanti della collettività. E c’è molto di cui chiedere conto.

Per guardare il video della presentazione: clicca qui!

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