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Sandro Orlando

Sandro Orlando, 42 anni, ha cominciato a fare il giornalista a Berlino subito dopo la caduta del Muro, dove si era trasferito già dalla seconda metà degli anni ’80, dopo una laurea in germanistica. In realtà voleva fare il teorico della rivoluzione, o qualcosa di simile, tanto da frequentare nella Germania di quegli anni gruppi di militanti della sinistra radicale, tra comuni agricole, case occupate e tipografie clandestine. Dopo il contadino ecopacifista prova altri mestieri, ugualmente alternativi, anche il teatro, senza grandi entusiasmi; fino a che una scuola di giornalismo lo indirizza sulla giusta via. Arriva così nella redazione televisiva della Deutsche Welle, ma dopo un paio d’anni decide che è stufo; e per complicarsi la vita, comincia a scrivere per «il manifesto» e altre testate italiane.

Con lo scoppio della guerra in Jugoslavia inizia a fare la spola con Belgrado, Sarajevo e Zagabria, e ad occuparsi delle strutture di potere dei regimi comunisti in disfacimento, delle lotte sotterranee tra vecchie nomenklature, bande rivali e polizie segrete, di cui anche il conflitto in Bosnia è l’espressione di superficie. Dalla Serbia di Milosevic e Karadzic alla Russia degli oligarchi il passo è breve. Con l’ex Unione sovietica scopre anche i viaggi interminabili: in treno e corriera percorre più volte in lungo e largo il continente, appassionandosi alla grande letteratura russa.

È a Mosca quando nel settembre ’99 cominciano a scoppiare le bombe nel metrò che accompagnano l’ascesa di Putin. Inizia così ad occuparsi del presidente russo, ne ricostruisce la biografia, il suo passato nel Kgb, il milieu affaristico criminale che si porta al potere, per un progetto di libro che non vedrà mai la luce causa fallimento dell’editore, ma che si ripromette prima o poi di pubblicare. Nel frattempo rientra in Italia, fonda un giornale online («Nexplora») finanziato dal gruppo De Benedetti che sfida le cattive sorti della New economy mantenendo per due anni una redazione di 13 giornalisti; passa successivamente per il «Corriere Economia», «Il Riformista» e «l’Unità», fino ad arrivare al settimanale «Il Mondo», dove lavora tutt’oggi. Per Editori Riuniti ha pubblicato nel 2003 il libro “Borderline. Affari e speculazioni finanziarie nell’Italia del dopo Enron”.
Se vivesse in un paese normale scriverebbe piuttosto saggi su Bulgakov e la Achmatova, oppure diari di viaggio. E invece si vede costretto a inseguire l’attualità per dare un senso a quella che il filosofo Ernst Bloch chiama «l’oscurità dell’attimo vissuto». Detto più semplicemente: siccome i nostri giornali non riescono più a decifrare una realtà troppo complessa e sfuggente, c’è bisogno di libri che la raccontino. Succede anche nell’Est postcomunista, paradossalmente.

Per staccare, ricorre ai grandi autori russi del ‘900, da cui ha imparato anche a vedere tutto con una certa ironia e distacco. E per mettere in ordine le idee, pratica da oltre trent’anni la corsa di lunga distanza, l’unica forma di ascesi ammessa. Con tutti i chilometri percorsi, calcola di aver fatto almeno due volte il giro del pianeta. Molte parti di questo libro sono nate così. Correndo.


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LA REPUBBLICA DEL RICATTO

Anno: 2008
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